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Giovedì 30 Luglio 2020

Destra e Sinistra, una politica per l'Umbria cercasi

(pubblicato sulla rivista "Passaggi" n.1, II anno luglio 2020)
intervista ad Alberto Stramaccioni di Maria Gabriella Mecucci

 

Alberto Stramaccioni è stato uno dei massimi dirigenti umbri del Pds dei Ds e del Pd segretario regionale e deputato. Proviene dalla militanza nel Pci, il partito che ha lungamente governato l'Umbria raggiungendo percentuali di consenso vicine al 50 per cento. Ha da tempo lasciato la politica: “Sono dieci anni – ricorda – che non rilascio più interviste”, e ha poi cominciato a guardare la realtà regionale con gli occhi dello storico. Ha scritto libri che hanno ricostruito il passato della regione e delle sue classi dirigenti ,insegna Storia Contemporanea all’Università per stranieri di Perugia.. Ha insomma una notevole esperienza politica, ma anche il distacco dello studioso nei confronti di questa. La nostra conversazione parte dal presente, dalle vicende politiche che nell'ultimo anno hanno cambiato radicalmente il percorso storico dell'Umbria.

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Mercoledì 06 Marzo 2024

L'impero e la nazione - I britannici e il Risorgimento italiano (1848-1870)

(Carocci editore - Studi Storici)

Il volume ricostruisce le dinamiche politiche, economiche e culturali che hanno caratterizzato le relazioni italo-britanniche nell’età risorgimentale al fine di riconsiderare una diffusa interpretazione storica che ritiene la politica estera del Regno Unito impegnata a difendere solo i propri interessi imperiali attraverso il controllo del mare Mediterraneo.

Le relazioni tra la Gran Bretagna, gli Stati italiani e il movimento risorgimentale sono state invece contrassegnate sia da intese sia da conflitti: sulle forme di Stato e di governo, sulle libertà politiche e religiose, sul libero scambio, sulle azioni diplomatiche, militari o insurrezionali.

Nel confronto su queste tematiche si è sviluppato un particolare rapporto tra le classi dirigenti di un grande impero in espansione e quelle di un’antica nazione alla ricerca di un proprio Stato unitario. Ciò è avvenuto nel contesto di una lunga competizione tra gli Stati europei che ha condotto a una neutralizzazione reciproca di fronte alla quale nessuna potenza ha avuto la forza o la convenienza di opporsi alla nascita del Regno d’Italia.

 

Destra e Sinistra nell’Italia contemporanea. 1796-1992

 
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Mercoledì 18 Agosto 2021

La Gran Bretagna e il Risorgimento italiano

(Edizioni Nuova Prhomos)

La ricostruzione delle relazioni italo-britanniche nell’età risorgimentale è da molto tempo trascurata dalla storiografia italiana, mentre costituisce ancora oggi oggetto di approfondimento da parte di quella inglese.

Questo volume si propone quindi di riconsiderare le relazioni politiche e diplomatiche tra la Gran Bretagna e gli Stati italiani dal 1848 al 1870, nel contesto dei mutevoli equilibri europei, basandosi su nuove ricerche archivistiche.

Dagli studi effettuati emerge come la Gran Bretagna tenga rapporti diversi con le varie istituzioni della penisola italiana: apre conflitti diplomatici con il Regno di Napoli per il rispetto dei diritti politici, critica la permanenza del potere temporale nello Stato Pontificio e di quello militare austriaco nel Lombardo-Veneto, ma stabilisce al tempo stesso relazioni non certo conflittuali con il Granducato di Toscana e particolarmente collaborative con il Regno Sabaudo.

Questa interpretazione dei rapporti italo-britannici evidenzia come il Regno Unito, pur animato da politiche imperialistiche, in competizione con Francia e Austria in particolare, abbia comunque contribuito alla nascita di un nuovo Stato nel Mediterraneo, affermando i principi del liberalismo e i diritti all’autodeterminazione dei popoli.

 

Destra e Sinistra nell’Italia contemporanea. 1796-1992

 
Acciaierie, i quindici anni vissuti con i tedeschi PDF Stampa E-mail

Da fabbrica di Stato al mercato globale
L’Ast della ThyssenKrupp. La storia nel libro di Valter Patalocco
“Il Messaggero” – Umbria – 9 luglio 2013 [PDF]

Qualcuno ha scritto che “ il giornalista è lo storico dell’istante”. Una considerazione certo sbrigativa che però mette bene in evidenza come alcune inchieste o servizi giornalistici possono diventare nel tempo fonti documentarie particolarmente utili a ricostruire una determinata vicenda o fase storica.

Walter Patalocco, giornalista ternano, con questo nuovo libro testimonia quanto possa essere importante svolgere con passione, equilibrio e competenza la propria attività professionale e attraverso essa fornire un contributo rilevante alla ricerca storica. Il volume arricchisce e porta a sintesi infatti il suo lavoro di cronista che ha seguito quotidianamente per “Il Messaggero”, le tante vicende, spesso socialmente drammatiche, che hanno interessato quell’aggregato industriale che va sotto il nome di acciaierie ternane.

L’autore non è nuovo a lavori storico-giornalistici di questo genere che vanno assumendo un valore sempre più rilevante di fronte al prevalere della nuova ed effimera cultura informatica la quale tende a marginalizzare la carta stampata e con essa anche la storia e la memoria per privilegiare invece l’istante informativo senza alcun retroterra conoscitivo e temporale. Patalocco d’altronde nel 2002 ha dato alle stampe un volume dal titolo “I rossi e il professore. Ciaurro sindaco di Terni” nel quale aveva ricostruito l’esperienza compiuta dal primo sindaco non di sinistra (tra il 1993 e il 1998) nel contesto di una profonda crisi sociale e politica della città e della sinistra tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta.

Questo secondo volume è in qualche modo una nuova tappa nella storia della città che Patalocco si è prefissato di realizzare dall’angolo visuale della grande industria la quale oramai da più di un secolo ha segnato l’immagine e l’identità stessa della comunità ternana.

Il volume in diciotto brevi, ma avvincenti capitoli, scritti con un linguaggio semplice e informato, ricostruisce la recente storia delle acciaierie ternane a partire dalla loro privatizzazione avviatasi nel 1995 dopo oltre un secolo in cui lo “stato imprenditore”era divenuto il proprietario.

L’autore colloca la vicenda dell’industria metalmeccanica ternana all’interno della più generale politica della siderurgia di stato (negli anni della crisi del settore gestita dall’Iri di Romano Prodi e dal ternano Enrico Micheli) e avvia il suo racconto ricordando lo storico passaggio di proprietà il 10 gennaio 1995 dell’Ast dall’Iri ad un consorzio composto al cinquanta per cento dalla tedesca Krupp e da una società a cui avevano dato vita gli industriali siderurgici italiani Giorgio Falck, Luigi Agarini ed Emilio Riva. Con questa privatizzazione si consolidava anche in Umbria l’entrata delle imprese multinazionali che oggi sono oramai quasi una cinquantina. Cambiava la storia dell’industria ternana e si avviava quella che Patalocco ha chiamato “l’occupazione tedesca” della azienda allorquando nel 1999 e poi nel 2001 la proprietà delle acciaierie divenne interamente della ThyssenKrupp.

La multinazionale, racconta Patalocco, di fronte alla nuova competizione apertasi nel mercato internazionale del settore e nell’ottica della diversificazione e riorganizzazione produttiva all’interno del gruppo sceglie di valorizzare alcune produzioni dell’industria ternana a scapito di altre nel quadro di una forte riduzione dei costi e degli investimenti. Tra il 2003 e il 2004 si sviluppa quella che l’autore chiama la “guerra del magnetico”, il gruppo attraversa un periodo di crisi e a Terni gli operai vanno in cassa integrazione o in prepensionamento mentre rimangono al lavoro circa 3500 addetti. Per la prima volta la città ed i poteri locali insieme ai sindacati devono affrontare una profonda crisi aziendale senza avere la possibilità di avere interlocutori diretti e “particolarmente sensibili “ ai problemi dei lavoratori e della città, così come era stato nei decenni precedenti con le partecipazioni statali come controparte. Per contrastare la ferrea logica imprenditoriale delle multinazionali la città scende in piazza come ai tempi dei licenziamenti del 1952-53, ma in un contesto interno e internazionale molto diverso.

Nonostante le proteste la ThyssenKrupp insiste per realizzare il suo progetto industriale di riorganizzazione inviando a Terni un nuovo amministratore delegato Harald Espenhahn incaricato in qualche modo anche di ricostruire un rapporto positivo tra la proprietà della azienda e la città. Questa operazione simpatia ,come la definisce Patalocco è in qualche modo compromessa dalla strage di Torino del 2007 dove ,a causa di insufficienti misure di sicurezza, muoiono sette giovani operai proprio in uno stabilimento del gruppo Thyssen in fase di dismissione in attesa di trasferire i macchinari proprio a Terni.

Il volume giunge fino ai nostri giorni mettendo in evidenza come la ThyssenKrupp già dal 2009 non consideri più il sito ternano sede privilegiata per sviluppare la produzione dell’acciaio inossidabile ed avvii così la collaborazione con un nuovo socio quale l’Outokumpu.

Patalocco ci offre quindi un quadro molto documentato delle vicende ,aziendali e produttive dell’industria ternana,tratteggia la personalità di alcuni manager e da tutto ciò emerge come la privatizzazione dell’impresa abbia alla fine cambiato nel profondo le relazioni con la città e le sue istituzioni locali e nazionali. Lo svolgersi degli eventi e l’interpretazione che ne ha dato l’autore sembra dirci che ancora un volta Terni è costretta a fare i conti con la modernità e i cambiamenti oggi imposti dalla nuova globalizzazione dei mercati e dei consumi. Una ricostruzione sobria ed intelligente dei fatti che sono gli unici a farci capire realmente le cose e di questo non possiamo che essere grati allo “storico dell’istante” Walter Patalocco.

 
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Venerdì 18 Settembre 2020

Storia delle classi dirigenti, un filone storiografico per una nuova storia politica

di Alberto Stramaccioni

 

Da qualche tempo si susseguono pubblicazioni e dibattiti sulla crisi della storiografia, e in particolare sulla sua perdita di rilevanza pubblica, in tutto il mondo occidentale, pur di fronte a una crescente diffusione di “conoscenze storiche” veicolate come non mai da film, romanzi, fiction, canali televisivi e altro ancora. Alcuni storici, di fronte a questa situazione, invitano a riflettere sul tipo di storia che si è diffusa negli ultimi decenni, secondo loro prevalentemente concentrata a privilegiare la breve durata o la microstoria, marginalizzando così gli studi sul quadro interpretativo di lungo periodo. Questo orientamento storiografico avrebbe portato a una progressiva irrilevanza di una disciplina scientifica nella soluzione dei problemi posti dalla società contemporanea. E per questa via le ultime generazioni non avrebbero più memoria del passato, incapaci quindi di orientarsi nei nostri tempi, agevolando in tal modo il populismo e l’autoritarismo così come si vanno manifestando in Italia e in Europa. Altri storici mettono in discussione questo compito della storia, accusata di anacronismo e vista come magistra vitae, sostenendo che il lavoro dello storico è quello di ricostruire il passato senza avere l’occhio rivolto al futuro e tantomeno può prestarsi a un uso politico della conoscenza storica nel presente. Si aggiunge, inoltre, che non è poi così rilevante se gli studi storici si occupino di ricostruire la successione degli eventi nel breve o nel lungo periodo, quanto invece risultino capaci di individuare nuovi criteri di indagine fondati sull’acquisizione di nuove fonti e metodologie, valorizzando tutti i contributi che possono provenire dall’ampio campo delle scienze sociali, con forme di reciproca comprensione, superando vecchie rigidità scientifico-disciplinari per rispondere alle nuove sfide identitarie imposte dalla globalizzazione.

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