Mercoledì 07 Novembre 2007
Hits

"Pd, un partito per modernizzare l’Italia e l’Umbria"     sdfsdf

di Alberto Stramaccioni

La straordinaria partecipazione al voto delle primarie del 14 ottobre di quasi tre milioni e mezzo di cittadini italiani, di cui oltre ottantamila umbri, è destinata a segnare una importante novità nella vita politica nazionale. 
1. Nasce una nuova formazione politica, il Partito Democratico, viene eletto direttamente il suo primo segretario Walter Veltroni, i segretari regionali e i membri dell’Assemblea Costituente Nazionale e di quelle regionali. L’importanza politica delle primarie non sta solo nella grande partecipazione popolare, ma nella chiara volontà di cambiamento che il voto esprime. Non è un caso che Walter Veltroni abbia interpretato il voto delle Primarie usando termini come “discontinuità, “innovazione”, “lotta ai conservatorismi”, “modernizzazione”, per caratterizzare proprio l’azione futura di un partito a “vocazione maggioritaria”.


Mentre il governo Prodi cerca, non senza difficoltà, anche per il risultato del voto del 9-10 aprile del 2006, di attuare il programma presentato agli elettori, nasce una nuova formazione politica di ispirazione riformista con il chiaro obiettivo di semplificare il sistema politico bipolare, modernizzare il paese, chiudere la lunga transizione italiana. 
L’Italia è infatti una delle grandi nazioni europee che cresce di meno. Pesa infatti la fragilità e la scarsa innovazione del suo sistema economico-sociale come la inefficienza e l’instabilità che produce il suo sistema politico istituzionale. Dopo l’affermazione anche in Italia del sistema bipolare con caratteri particolarmente conflittuali, ognuno dei due schieramenti non può che riorganizzarsi se vuole realmente corrispondere al bisogno di governabilità, efficienza e stabilità che chiedono tanti cittadini. I Ds e la Margherita hanno avvertito prima degli altri questa esigenza e la nascita del Partito Democratico è una risposta al bisogno di avere una forza autenticamente riformista nello schieramento di centrosinistra. 
Fu infatti Romano Prodi nel luglio 2003 a conclusione della sua esperienza di Presidente della Commissione Europea a proporre la nascita del “partito dei riformisti”, in vista delle elezioni europee del 2004. Allora non erano in molti coloro che giudicavano realizzabile questo progetto politico. Le resistenze erano forti sia nei Ds che nella Margherita. Poteva essere certamente la naturale evoluzione dell’esperienza dell’Ulivo avviatasi nel 1996, ma erano incerti i passaggi, i tempi e i contenuti del nuovo progetto. E poi entrambi i gruppi dirigenti dei due partiti erano in discussione. Da allora è stato un susseguirsi di dibattiti, polemiche, accelerazioni e frenate, confronti e divisioni congressuali fino a giungere al seminario congiunto dei due partiti dell’ottobre 2006 ad Orvieto quando la realizzazione del partito riformista appariva ormai ineludibile. Ma prima del convegno di Orvieto, nel 2005 si era tenuto il Congresso dei Ds, il terzo, a Roma il 3-4-5 febbraio al Palalottomatica e l’anno prima il 13-14 febbraio quello della Margherita. Per proseguire sulla strada del Partito Democratico determinante è stato sicuramente il risultato delle elezioni primarie dell’ottobre 2005 nel corso delle quali quattro milioni e mezzo di cittadini hanno scelto Romano Prodi quale candidato premier in vista delle elezioni del 9-10 aprile 2006. I risultati, nonostante la risicata vittoria del centrosinistra e la particolare legge elettorale, hanno comunque affidato all’Unione il diritto-dovere di governare l’Italia. L’esigenza allora di avere un “motore riformista” nel centrosinistra è diventata più che un obiettivo possibile, una necessità. La spinta determinante per la realizzazione di questo nuovo progetto politico è venuta infine dai due congressi nazionali, dei Ds il 19-21 aprile 2007 a Firenze e della Margherita il 20- 22 aprile 2007 a Roma, svoltisi emblematicamente quasi in contemporanea, con l’intervento in entrambi di Romano Prodi, Presidente del Consiglio in carica. Nel corso di questi appuntamenti congressuali non sono mancate resistenze e divisioni e soprattutto nei Ds alcuni dirigenti non hanno condiviso il progetto e hanno dato vita a nuove formazioni politiche. 
La nascita del Partito democratico era comunque destinata a ridefinire la geografia nel centrosinistra ed è infatti in corso la riorganizzazione delle diverse componenti della cosiddetta sinistra radicale in una eventuale nuova formazione politica unitaria. 
Ma il progetto del Partito Democratico, dopo i congressi nazionali dei due partiti è andato avanti guidato dal “Comitato dei 45 saggi” che ha indicato tempi e procedure per dar vita alla costituzione effettiva del Partito Democratico. 
Il 14 ottobre si sono svolte quindi le primarie per eleggere il Segretario nazionale, i venti segretari regionali e i membri dell’Assemblea costituente nazionale e regionali. In poco più di tre anni ha preso quindi corpo un nuovo soggetto politico con modalità, tempi, processi partecipativi come prima non era mai successo nella storia della politica italiana. 
Oggi dopo il voto del 14 ottobre termina un percorso e ne inizia un altro. Questa nuova formazione politica deve saper dimostrare nel breve e nel medio periodo di avere la capacità di intervenire su un insieme di temi complessi come quelli economici e sociali, della sicurezza, del lavoro precario, ambientali, dell’immigrazione e del terrorismo internazionale. E lo deve fare mentre il governo Prodi ogni giorno fa i conti con la conflittualità anche interna della coalizione di maggioranza di fronte ad una opposizione divisa, ma alla fine comunque indisponibile a qualsiasi riforma istituzionale o elettorale. 
La grande partecipazione del 9 ottobre con oltre cinque milioni di lavoratori al referendum sull’accordo per la riforma dello Stato Sociale stipulato il 23 luglio e il successo del Sì, con più dell’ottanta per cento, hanno sostenuto la politica economica voluta dal governo di centrosinistra. Ma rimangono aperti problemi di coesione politica in vista dell’approvazione della nuova Finanziaria mentre sono ogni giorno più evidenti i limiti e le carenze strutturali del sistema politico-istituzionale che non garantisce le condizioni di una governabilità stabile ed efficiente. 
È questa una questione sulla quale deve assolutamente caratterizzarsi il Partito democratico per le sue proposte sul terreno delle riforme istituzionali ed elettorali per modernizzare e semplificare il sistema politico italiano di fronte anche al referendum elettorale incombente. Se si vuole realmente semplificare il sistema politico, affermare e consolidare una logica bipolare, dare più potere ai cittadini nelle scelte elettorali da compiere, non si può che operare contestualmente su due piani. Da una parte per una riforma delle istituzioni, intervenendo sulla forma di Stato e di governo e sui rapporti con le Regioni, gli enti locali e il Parlamento verso il superamento del bicameralismo paritario o “perfetto”. E dall’altra per la riforma della legge elettorale, dopo quella voluta dal centrodestra di tipo sostanzialmente proporzionale, che ha portato alla ingovernabilità soprattutto al Senato. 
2. L’esperienza umbra preparatoria alla nascita del Partito Democratico si è mossa negli ultimi anni dentro la prospettiva nazionale attraverso il III Congresso regionale dei Ds del 28-29 gennaio 2005 e quello della Margherita del 28-29 novembre 2003, delle primarie dell’ottobre 2005 con oltre centomila partecipanti, e poi il IV Congresso regionale dei Ds del 13-14 aprile 2007 e quello della Margherita del 25-26 gennaio 2007. 
Oggi con il voto del 14 ottobre il Partito Democratico anche in Umbria è chiamato ad una particolare responsabilità politica. Non si possono deludere le attese di migliaia e migliaia di cittadini continuando ad operare e a governare la regione come se nulla fosse successo. 
Così come a livello nazionale anche a livello regionale vanno quindi compiuti atti, definite iniziative, elaborati nuovi progetti e programmi per rispondere al bisogno di cambiamento espresso dai cittadini umbri. 
E se la prima verifica politico-elettorale dell’azione del Partito Democratico a livello nazionale, saranno le elezioni Europee, (consultazioni politiche anticipate permettendo) a livello regionale abbiamo poco più di un anno per prepararci alle prossime elezioni comunali e provinciali e appena dopo a quelle regionali. 
Al di là della scelta delle candidature e della competenza e popolarità che deve esprimere la nuova classe dirigente politico-amministrativa, sarà importante sapere interpretare la “nuova idea dell’Umbria” che gli elettori chiedono al Partito Democratico. È questo un tema che è stato più volte affrontato nella nostra regione anche nell’ultimo decennio, sollecitati dalla diffusa consapevolezza della crisi del modello economico-sociale e del sistema politico-istituzionale nato negli anni settanta. Ma risultati tangibili non sono stati ancora conseguiti. 
Il Partito Democratico deve quindi rappresentare una nuova occasione, una nuova opportunità e divenire uno strumento politico che fa propria la sfida per la modernizzazione dell’Umbria. 
Al primo segretario del Pd umbro e all’Assemblea Costituente Regionale, eletti da un così ampio consenso, spetta allora il compito e la responsabilità di dare inequivoci segnali di discontinuità nel breve e nel medio periodo. Non tutto è nelle mani del partito, ma anche su questo tema, come ha detto esplicitamente Veltroni, con lealtà e correttezza si dovrà realizzare una “dialettica fisiologica” tra la funzione e il ruolo del partito da una parte e la sua azione istituzionale e di governo dall’altra, coscienti della reciproca autonomia tra i due momenti, diversi e distinti. 
In questo quadro l’azione del Pd e del centrosinistra nella società e nelle istituzioni può essere nei prossimi mesi, un importante banco di prova per verificare la volontà e la capacità riformatrice di questo nuovo partito e dell’intero schieramento nella nostra regione, per rispondere al meglio ai chiari segni di insofferenza che sono venuti anche dalle recenti elezioni amministrative. 
Occorre quindi che al più presto si mettano in atto idee, progetti ed azioni per contribuire a superare la perdurante stagnazione del sistema economico e produttivo umbro, per rilanciare la crescita e lo sviluppo, coltivando l’ambizione di ridurre progressivamente la dipendenza del sistema stesso, dalla spesa pubblica statale ed europea 
Per conseguire questi obiettivi è necessario definire ed attuare la riforma e la riorganizzazione della Pubblica Amministrazione e dello Stato Sociale, la modernizzazione del sistema imprenditoriale, finanziario e creditizio e tutto ciò significa mettere in discussione rendite di posizione di alcuni gruppi sociali, privilegi di ceto, assistenzialismi diffusi. Ma questa azione riformatrice può rendere più competitivo ed efficiente l’assetto economico e sociale umbro, e difendere così l’interesse generale di una comunità, da tempo incerta sul suo futuro. Naturalmente ogni politica riformista si scontra con pratiche e culture conservatrici o massimalistiche particolarmente diffuse anche in Umbria. Accettare allora questa sfida riformatrice per il Partito Democratico non può essere solo una possibilità, ma diventa una necessità se vuole realmente corrispondere al bisogno di cambiamento espresso dai cittadini anche con le primarie. 
Dopo lo straordinario successo del 14 ottobre è quindi indispensabile che nelle prossime settimane si diano segnali chiari sulla strada che si vuole seguire, proprio perché il Partito Democratico potrà essere una risorsa importante anche per l’Umbria, a condizione però che si sfrutti l’occasione della sua nascita, per modernizzare realmente la nostra regione.

 

Video

Chi è online

 2 visitatori online
Tot. visite contenuti : 590011



Powered by Joomla!. Designed by: joomla templates vps hosting Valid XHTML and CSS.