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Mercoledì 18 Giugno 2008

"LA MAGISTRATURA, LA CHIESA E LA POLITICA"
"E' un guaio se la politica abdica al proprio ruolo"     dlkhn

di Alberto Stramaccioni

Due fatti certamente diversi, ma ugualmente emblematici, sono emersi negli ultimi giorni all’attenzione dell’opinione pubblica umbra, uno nella realtà perugina e l’altro in quella ternana. Due fatti che inducono a riflettere e che mi sollecitano a rivolgere alcune domande al mondo della politica. 
Entrambi, per ragioni convergenti, non possono non suscitare preoccupanti interrogativi in chi ancora crede nel primato della politica. O meglio nella funzione di guida, che in un sistema democratico-rappresentativo deve essere svolto, soprattutto, anche se non esclusivamente, dalle istituzioni liberamente elette dai cittadini, per la difesa dell’interesse generale delle proprie comunità.


I fatti a cui mi riferisco riguardano innanzitutto le indagini della magistratura perugina sul tema tangenti e appalti e l’iniziativa della chiesa ternana per “una comune responsabilità per il futuro” con l’obiettivo di offrire una soluzione ai problemi della città.
Non si può naturalmente che esprimere gratitudine alla magistratura perugina per l’azione che sta svolgendo nel mettere in evidenza presunte attività di corruzione e concussione nel sistema degli appalti, dove sembrano essere coinvolti imprenditori e responsabili di procedure amministrative al massimo livello nelle istituzioni democratiche. Ma da tutto ciò emerge con preoccupazione una domanda. I Presidenti, i Sindaci, le Giunte, le Assemblee Elettive, fermo restando l’autonomia e la responsabilità dei tecnici, non hanno strumenti per mettere al riparo le istituzioni da inquietanti interrogativi sulla trasparenza e correttezza nella loro azione di governo? E’ una domanda a cui occorre dare una risposta al più presto altrimenti si possono alimentare tra l’opinione pubblica due diverse convinzioni, ma ugualmente negative, per il ruolo e la funzione delle istituzioni pubbliche. O si è conniventi con le pratiche tangentizie o all’opposto inconsapevoli dei misfatti che vengono compiuti alle proprie spalle. Per superare queste diffuse convinzioni, si deve intervenire al più presto per garantire la libera competizione tra diverse attività imprenditoriali, senza consentire più o meno consapevolmente la pratica del cosiddetto “mercato protetto”. E ancora non è forse compito della politica mettere in atto scelte di politica economica per superare la storica fragilità di una componente del nostro sistema imprenditoriale, in particolare alcuni settori di quello edilizio, che vive quasi esclusivamente sulle commesse dei lavori pubblici. 
Analogamente sull’altra vicenda aperta dall’iniziativa della Chiesa ternana non si può non esprimere altrettanto compiacimento. E’ infatti pienamente legittimo che nell’ambito del proprio impegno sociale la Chiesa ternana, peraltro storicamente molto attenta alle condizioni economico e sociali della propria comunità, si occupi del futuro della città, dei suoi cittadini credenti e non credenti. Ma anche qui sorge una domanda. Le istituzioni locali e regionali non rischiano di apparire in un ruolo quanto meno complementare di fronte a questo tipo di iniziative? Il rischio è che riprenda fiato un’idea di regione dove a prevalere sia la logica municipale e territoriale invece che l’affermarsi di un progetto unitario di crescita dell’Umbria, a partire dalla modernizzazione delle sue istituzioni e del suo assetto economico-sociale.
Le questioni emerse in questi giorni non possono che interrogare in maniera molto più approfondita e determinata di quanto fino ad ora sia stato fatto, le istituzioni e i partiti politici, soprattutto quelli che della trasparenza e della modernizzazione dell’Italia e dell’Umbria vogliono fare il loro carattere identitario. 
Non si tratta di riproporre alla società regionale un’idea totalizzante o invasiva della politica o del ruolo delle istituzioni democratico-rappresentative e men che meno dei partiti. Ma è la politica, con la sua classe dirigente, che nella sua autonomia e responsabilità non può e non deve rinunciare a svolgere il proprio ruolo e la sua funzione costituzionalmente e democraticamente definita. Altrimenti che senso ha che i cittadini eleggono i propri governanti e li delegano a rappresentare gli interessi generali di una comunità?