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Venerdì 09 Maggio 2008

"UN ASSASSINIO DIMENTICATO"
"Il 17 giugno 1944 un perugino veniva giustiziato dai nazisti in ritirata"    sdgsd

di Alberto Stramaccioni

La memoria è un luogo della mente che può rimuovere i ricordi, soprattutto i più angoscianti, ma non li cancella e prima o poi li racconta anche dopo più sessanta anni.
E ricordare un fatto particolarmente drammatico come un vero e proprio assassinio di un uomo innocente perpetrato dai soldati tedeschi in ritirata sul finire della seconda guerra mondiale è un evento certamente significativo. Si tratta infatti di una di quelle migliaia e migliaia di vittime della “guerra ai civili” molto spesso dimenticata o mal interpretata.


In ogni guerra sono state e sono sempre tante le vittime civili, ma a volte l’efferatezza dei crimini e la loro apparente insensatezza aiuta soprattutto i più giovani a capire storie collettive e comportamenti personali che sono diventati gli elementi caratterizzanti della nostra storia nazionale. 
E come ha sostenuto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (il 23 gennaio 2008 nel suo intervento nella seduta comune del Parlamento in occasione della celebrazione del 60° anniversario della Costituzione Repubblicana) “bisogna coltivare tra gli italiani la coscienza del comune passato storico”.
E di questa coscienza può far parte a buon diritto la conoscenza dell’eccidio di un perugino innocente e per molti anni dimenticato, ma oggi ricordato da Francesco Porzi un bambino che aveva allora 8 anni e oggi 72. 
Era infatti il 17 giugno 1944 e la vittima innocente Adolfo Comodini nato nel 1904 in Via Borghetto di Prepo oggi Via Fonti Coperte viene fermato da una pattuglia tedesca. 
Così mi racconta la drammatica vicenda il piccolo Francesco 64 anni dopo. 
«…Era una calda mattinata di quasi estate quel 17 Giugno 1944 e nei miei girovagare da un aia all'altra, da un orto all'altro, da un compagno all'altro, fra un gioco, una faccenda e molte sfaccende, in quel momento prima di mezzogiorno, ero sui tre scalini davanti alla porta di casa: n° 8 Via Borghetto di Prepo, Palazzo Bonciarelli: forse avevo fame ed aspettavo il magro pranzo. 
Le ultime retro vie dell'esercito tedesco, stavano lasciando la parte Nord della città ed i primi carrarmati degli inglesi erano già a Prepo sparando sporadici colpi verso Montemalbe dove ancora erano attestate batterie tedesche. …
… Ognuno, pensava alle proprie quotidiane necessarie occupazioni di una qualunque giornata. Solo i ragazzi e le ragazze dai tredici-quattordici anni in su e qualche adulto, più curioso ed intraprendente, era in altri luoghi: in tutti quei posti in cui i tedeschi, in ritirata, buttavano in strada il materiale più vario (tavoli, seggiole, attrezzi e attrezzature) per lasciare il meno possibile intatto e renderci ancor più difficile la vita. Ed ai Tedeschi, subito dopo, si era aggiunto un po' di popolo eterogeneo che cercava di impossessarsi di qualcosa, perlopiù rotta, pur di partecipare, impossessarsi e riportare a casa. 
In principio raccattavano ma poi, non appena i Tedeschi in ritirata ebbero girato l'angolo, i raccatti diventarono saccheggi. Saccheggio di tutto: tutto quello che era pubblico ed istituzionale e qualcosa anche di privato. Adolfo Comodini (detto Comodino) che abitava a Prepo e lavorava ai Monopoli di Stato, la moglie al feltrificio Purgotti, si era trovato in Corso Garibaldi o in Corso XX Giugno nel momento in cui i Tedeschi rompevano tutto e tutto buttavano sulla strada. Con questi come, e con questi perché, .. .fra i piedi si era trovato un fucile da caccia rotto.”…
… Dunque raccatta il fucile, e prende la via di casa. I Tedeschi se li è lasciati alle spalle, anzi lui e loro si erano allontanati di spalle, ambedue verso casa sicuri o sicuro di non incontrarsi più e da un momento all'altro, lui, di incontrare gl'Inglesi. 
E nel momento in cui transita davanti al cancello del Feltrificio, portando fra le braccia in bella vista il fucile in più pezzi, incrocia noncurante l'ultima pattuglia in ritirata: una moto Zundap con sidecar (noi le chiamavamo: motociclette col carrozzino), un conducente militare tedesco, un ufficiale delle SS tedesco. 
Comodino felice del suo trofeo, con la testa piena di pensieri sul come e quando riportare il fucile in efficienza, per fruttuose cacce da fare insieme al suo figlioletto, nemmeno li vede. 
Non altrettanto succede allo zelante e - tutto d'un pezzo - ufficiale delle SS tedesco. 
Prima il dovere e poi la necessità. 
Sa che l'esercito nemico è a pochi passi da lui, che potrebbe essere ucciso o cadere prigioniero, ma la ferrea, assurda catechesi nazista, lo ha abituato a non transigere, costi quello che costi, senza ragionamenti, tentennamenti, umanità. 
Un civile armato, deve essere giustiziato… 
… Un imperioso comando di dietro front al motociclista, un atletico salto dal sidecar accompagnato da una abitudinaria facilità di estrarre la pistola, degli urlati imperiosi 'Alt' al Comodino, un sbraitare con toni sempre più violenti, un non ascoltare e vedere le pur convincenti spiegazioni di un uomo inerme in ginocchio che piangendo invoca: 'E' rotto .. è stato spezzato e buttato via dai vostri compagni .... me lo hanno dato loro … è un fucile da caccia ..... non ho munizioni, ..... sono in là con l'età, ….. ho due figli piccoli. .. Non m'ammazzate.
Se non fossi stato tutto preso dalla scena che mi stava davanti avrei dovuto prestare maggior attenzione ai tenui cenni che ad un certo momento faceva, al mio indirizzo, il soldato tedesco rimasto sulla moto. 
Mi invitava ad allontanarmi, prevedendo a secondi l'epilogo. 
Io non l'ho capiti quei segni: ho solo udito i colpi micidiali di un'arma … e Comodino è caduto a terra. Sangue dalla bocca e dalla testa colpite dai colpi. 
E poi l'ufficiale delle SS che risale velocemente ma impassibile sul sidecar, la moto che sparisce nella ripida salita, mia madre che terrorizzata mi afferra con violenza e mi scaraventa nel corridoio.
Deve essere arrivata subito tanta gente: io non l'ho vista. 
Sul muro fra il portone e la finestra, sull'intonaco giallastro del muro, un buco fatto da un proiettile fuoriuscito, è rimasto lì per anni dimenticato da tutti. …
Una morte subito dimenticata, senza ricordo, senza storia. 
… Una memoria solo per una moglie e due giovani figli. 
Ma in quei momenti tutti avevano sofferenze e tragedie da scrollarsi di dosso.»

Una ricostruzione che non ha bisogno di nessun commento.