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Giovedì 10 Dicembre 2009

"IN REGIONE SERVE UN AVVICENDAMENTO"
"A Bottini, che ha lavorato in autonomia, la più leale collaborazione"     dsf

di Lucia Baroncini

Perugia – Due segretari di due mozioni diverse, per mesi in guerra, ora inquilini dello stesso pianerottolo al botteghino di piazza della Repubblica. Come sarà la convivenza fra il leader bersaniano Lamberto Bottini e quello provinciale franceschiniano Alberto Stramaccioni, che da appena una settimana abitano in un’altra casa comune, quella del governo plurale? “E’ la convivenza tra vecchi amici”, dice Stramaccioni con un sorriso sagace mentre scioglie lo zucchero nel cappuccino in un caffè dell’acropoli, pieno di cronisti per i quali il destino del Pd conta nulla rispetto a quello di Raffaele e Amanda.


Non è che ora lei si mette a difendere Bottini, mentre i bersaniani lo attaccano?

“Io ritengo positivo il risultato a cui siamo giunti in Umbria con la costruzione di un governo plurale. E va dato atto al Segretario regionale che ha lavorato autonomamente per giungere a questo risultato. Da parte mia ci sarà la più leale collaborazione. D’altronde il risultato congressuale in Umbria con il 41% e il 49 è stato molto diverso da quelle di altre regioni”.

Il 41 per cento, a cui la sua lista autonoma ha contribuito discretamente, è una bella performance, ma è pur sempre una sconfitta. Però la vedo appagato.

“Mi sento molto gratificato e soddisfatto per il lavoro svolto in questa campagna congressuale, per i risultati ottenuti tra gli iscritti e soprattutto per quelli delle primarie. Dati che testimoniano un riconoscimento significativo al lavoro, anche da me svolto, verso l’affermazione della necessità del rinnovamento della politica e della classe dirigente del Pd umbro. Per continuare il lavoro daremo vita ad una associazione culturale dei “riformisti per l’Umbria” e ad una rivista”.

Conferma che non parteciperà ala competizione delle regionali?

“Ho già detto all’assemblea del Pd che non intendo candidarmi al consiglio regionale, né per altri incarichi amministrativi”.

Perché?
“Chi si mette alla testa di un processo di cambiamento, come già feci nel 1995 e nel 2000, non si può poi candidare, proprio perché è visto come il principale responsabile del conflitto e della rottura, mentre invece per la presidenza della giunta regionale ci vuole una candidatura la più unitaria possibile”.

E fino a quando resterà segretario provinciale di Perugia?

“Se ci sono le condizioni politiche resterò fino a dopo le elezioni di marzo”.

Mercoledì ci sarà l’assemblea regionale del partito sul programma e sul regolamento per le primarie. Cosa prevede?

“Inizieremo una discussione e spero che sia la più costruttiva possibile pur nei tempi ristretti che ci siamo dati. L’importante è che il Pd umbro, pur senza alcun provincialismo, sia il protagonista della scelte che prenderà riguardanti i programmi, alleanze e candidature. L’autonomia del Pd regionale, dal Pd nazionale, è una risorsa che da credibilità ed autorevolezza al partito in Umbria, nei confronti della società regionale”.

Sarà un programma all’insegna del rinnovamento?

“Dobbiamo assolutamente rispondere ai segnali di insofferenza che sono venuti in questi mesi anche dal nostro elettorato. Se lo si vuole leggere, lo stesso voto delle primarie del 25 ottobre in Umbria ha evidenziato in Umbria una insofferenza verso la politica e la presenza o non presenza del Pd nella regione, sia quando è forza di governo nelle istituzioni, sia quando opera o non interviene sui diversi problemi sociali aperti. A quelli di oggi si aggiungono i segnali di insofferenza venuti nei mesi scorsi nel corso delle elezioni comunali, provinciali ed europee. Ben 50.000 elettori del Pd in Umbria si sono astenuti dal voto tra le politiche del 2008 e le europee del 2009, mentre il Pdl è diventato, anche qui, il primo partito. E in più sarebbe utile riflettere sul voto nei Comuni sia dove abbiamo vinto di misura al primo turno, sia dove abbiamo vinto al secondo, e soprattutto dove siamo risultati sconfitti in importanti realtà cittadine”.

Il Pd ha perso voti, ma si candida ugualmente a governare la Regione per i prossimi anni. Le riforme vanno d’accordo col consenso?

“Il Pd e il centrosinistra in Umbria devono mettere in atto in Umbria una efficace azione riformatrice senza aver paura di vedersi messo in discussione il proprio consenso nel breve periodo. Nel medio e nel lungo periodo una azione riformatrice seria porterà ad una maggiore giustizia sociale e crescita economica e anche al consenso. Credo che governare per riformare e riformare per governare sia nel codice identitario del Pd, soprattutto in una fase storica di grossi e rapidi mutamenti economici e sociali”.

C’è la questione Maria Rita Lorenzetti. La presidente della Regione dalle primarie in poi è rimasta chiusa nel suo silenzio. Si dà per scontato che lei sia contrario al suo terzo mandato. Le ragioni?

“Ritengo che il lungo silenzio di queste settimane testimoni forse l’imbarazzo politico di chi si è alacremente impegnato in una campagna congressuale dalla quale si attendeva maggior consenso per il suo schieramento. Comunque oggi il presidente della giunta regionale e il segretario regionale hanno il diritto-dovere di istruire la discussione prima che si giunga ad una implosione”.

Gli assessori regionali si sono arrabbiati con Bottini per come è stato concretizzato il governo plurale.

“Credo che si stiano rendendo conto che una esperienza amministrativa si va concludendo”.

Si parla anche di una mediazione dei sindaci per rompere l’assordante silenzio.

“Sono casi fra loro diversi. Avrebbero dovuto dimostrare più coraggio e autonomia politica. Non entrano nei conflitti, preferiscono fare gli amministratori”.

Tornando al terzo mandato della Lorenzetti?

“Credo che dopo dieci anni sia comunque utile un avvicendamento alla guida della giunta regionale, al di là del giudizio di merito su una esperienza di governo che ha inevitabilmente luci ed ombre”.

Soffermiamoci sulle luci e sulle ombre.

“Al di là della gestione quotidiana, pur importante, è mancata l’affermazione di un chiaro ruolo e profilo politico istituzionale della Regione, che non è un grosso Comune e ha tra l’altro funzioni legislative. Questi limiti non possono certo ricadere solo su una persona. E’ comunque necessaria una svolta per il futuro. L’Umbria è purtroppo dentro una crisi economica e sociale molto seria, dopo anni in cui c’è stato un irripetibile flusso di spesa pubblica. Ma oggi il sistema produttivo non si è modernizzato e gli squilibri territoriali e settoriali non sono stati superati, o sufficientemente ridotti. Per cui la crisi, che è certo generale, ha serie ripercussioni occupazionali in Umbria”.

I bersaniani appaiono in questi giorni divisi, ma i franceschiniani non hanno ancora trovato una soluzione alternativa unitaria alla presidente Lorenzetti. Verrà anche per loro il tempo delle divisioni?

“Il presidente della Regione non è un problema di un solo schieramento, pur autorevole e rappresentativo”.
Agostini, Sereni, Bocci, Locchi, Marini. Chi secondo lei potrebbe vincere la corsa?

“Ad oggi non è possibile dirlo”

Dovranno dirlo le primarie, che sono un azzardo. Produrrebbero ferite che non ci sarebbe neppure il tempo di sanare. Sono proprio necessarie?

“La mia posizione sulle primarie è nota. Maturata anche sulla base dell’esperienza compiuta. Primarie e non primarie, io credo che ci siano diversi candidati possibili. L’importante è che la candidatura che si sceglierà raccolga la più larga convergenza nel Pd, nella coalizione e nella società regionale. Chiunque farà il presidente dovrà risolvere in un tempo relativamente breve un insieme di problemi, attraverso riforme molto complesse, rinviate nel corso degli anni. Servono, alla cinese, quattro modernizzazioni, sulle riforme istituzionali, sulla sanità, nei trasporti e sull’ambiente”.

Riforme su settori cruciali che metterebbero in discussione l’Umbria così come la conosciamo?

“Di fronte alla crisi del vecchio regionalismo oggi che ci sono meno risorse pubbliche si tratta di avviare un processo di riforme e di modernizzazione dell’Umbria cogliendo l’occasione della riorganizzazione federalista dello Stato. E’ la stessa idea dell’Umbria che va cambiata, valorizzando le sue risorse in una progettualità politica interregionale dell’Italia centrale. Riforme ch riducano la distanza tra la spesa pubblica sostenuta e la ricchezza prodotta. A partire da una riforma della pubblica amministrazione per potenziare il sistema infrastrutturale e turistico, sostenere la piccola e media impresa; innalzare la qualità del sistema formativo, tutelare e valorizzare l’ambiente”.