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Giovedì 08 Settembre 2011

Parla Stramaccioni

«Pd, dal caso Penati alle indagini umbre attenzione al partito nel partito»


PERUGIA - Ha fatto della questione morale un cavallo di battaglia. Ora, insieme alle inchieste umbre, arrivano qui anche sinistri echi del caso Penati a scuotere il Pd umbro. Parla Alberto Stramaccioni, ex deputato, ma soprattutto segretario regionale del Pds-Ds dal '92 al 2001 e poi responsabile provinciale del Pd dal 2008 al 2010, per tutti, amici e avversari, il segretario del rinnovamento.



ll centrodestra accusa it Pd di reticenze, prende spunto dalle inchieste umbre ma soprat-tutto dal caso Penati per dire che c'e un sistema di potere, consolidato negli anni, che alimenta finanziamenti at partito. E' cosi?

«Sul caso Penati dico subito che mi baso su quello che leggo dai giornali, ma trovo la situazione abbastanza inquietante, soprattutto preoccupante e debole la risposta di Bersani e del Pd che dovrebbero fornire spiegazioni più chiare e convincenti e prendere provvedimenti esemplari».


C'è davvero un sistema di finanziamento illecito, addirittura un «partito nel partito» che continua ad operare come se il Pd non fosse mai nato e i Ds non non  si fossero sciolti. Lei in Umbria, quando guidava il partito, aveva sentore di qualcosa del genere?


«Ho riferito una mia impressione, naturalmente occorrono delle prove certe. Rispondo invece della mia responsabilità nella direzione politica del partito in Umbria. Quando venni eletto per la prima volta segretario del Pds, nel '92, a scrutinio segreto, affrontai subito, nonostante le tante resistenze, la questione del finanziamento al partito ed eravamo nel periodo della tangentopoli umbra, con tanti arresti sia nel Ternano che nel Perugino. Ho sostituito subito il tesoriere, liquidato strutture, alleggerito l'apparato burocratico e organizzativo. Riuscimmo a far fronte alla situazione con grandi sacrifici».


Ma lei poi è tomato a guidare il partito.

«Come nel 1992 quando venni eletto segretario, sempre a scrutinio segreto, nel 2008, sostituii ugualmente il tesoriere e facemmo fronte a serie difficoltà di bilancio. Purtroppo anche per la brevità dell'incarico e le tante resistenze non siamo riusciti a trasferire al Pd, come era doveroso, i beni immobiliari dei due partiti, i Ds e la Margherita, che hanno dato vita al nuovo partito, il Pd».


Lei da per buona la teoria che il Pd è un partito a sovranità limitata almeno per gli aspetti economici e immobiliari.

«Non credo che sia un segreto per nessuno che gli eredi del Pci-Pds-Ds abbiano mantenuto una loco sede nazionale e strutture operative anche nelle regioni e gestiscono attraverso le Fondazioni e altre strutture sparse in tutta Italia e quindi anche in Umbria il patrimonio immobiliare e il Pd utilizzi come affittuario le sole sedi dei Ds».


Dica allora come si finanzia il Pd?

«Per la mia esperienza diretta posso testimoniare che i finanziamenti sono venuti in grande trasparenza da quattro voci fondamentali: finanziamento elettorale nazionale in proporzione ai voti raccolti alle elezioni politiche; le quote del tesseramento; il contributo degli amministratori pubblici e le sottoscrizioni prima dalle feste di partito».


E allora da dove arrivano i soldi per le spese delle campagne elettorali, spesso molto costose, e primarie varie?

«Come tutti sanno per affrontare le campagne elettorali soprattutto quelle regionali e amministrative servono risorse che i candidati, nel rispetto delle leggi vigenti, devono saper raccogliere autonomamente nella massima trasparenza e correttezza. Non è il partito che finanzia i candidati. Per le primarie il cittadino che partecipa versa una sottoscrizione. Ma su queste vicende e in particolare su presunti "voti di scambio" ha indagato e sta indagando la magistratura e quindi lasciamo al loro lavoro evidenziare eventuali reati senza condanne preventive».


Lei ha sollevato la questione morale in Umbria, I risultati?

«Nella mia analisi io sono partito da un dato purtroppo incontrovertibile. E cioè negli ultimi due o tre anni decine e decine di amministratori pubblici del Pd sono stati oggetto delle indagini della magistratura e alcuni rinviati a giudizio. Ci sarà pure qualche problema di trasparenza e di correttezza nel rapporto tra le istituzioni che si amministrano e i cittadini che vengono governati? E questo pone un problema giudiziario o della magistratura, ma un problema squisitamente politico, o no?. E aggiungo che la questione forse tra i gruppi dirigenti non ha avuto molto seguito, ma non certo nella base o almeno in gran parte di essa. Certamente c’è stato chi ha fatto finta di non capire e di non vedere, ma la dura realtà dei fatti si è incaricata di fargli aprire occhi ed orecchie. D'altronde se non c'e una svolta anche nel campo della questione morale è la credibilità  e  l'autorevolezza di una classe dirigente che viene messa in discussione anche in Umbria. Se l' azione politica non si esprime attraverso una capacita progettuale di medio e lungo periodo per prefigurare lo sviluppo di una comunità, ma si arena nell'amministrativismo quotidiano rischiano di prevalere interessi di corto respiro e di ristretti gruppi di potere contro quelli di una intera comunità. Ed è qui che si annida l'affarismo, il privilegio, il sottogoverno, il voto di scambio. In una parola: la questione morale».


Si rende conto che se questo è vero la sua sarebbe una critica radicale anche al Pd in Umbria?

«Certamente, di fronte ai problemi che ho elencato, il Pd anche in Umbria non può pensare di autoassolversi. Purtroppo in Italia, come in Umbria, il Pd non è un partito in crisi ma un partito mai nato, una giustapposizione di logiche di potere fra ex Ds ed ex Margherita. Chi non ha tessere o preferenze, non ha alcuno spazio politico nel Pd. La sconsolante conseguenza di tutto ciò è che per poter partecipare alla vita di questo partito e indispensabile l'appartenenza a una corrente nazionale o regionale o a una subcorrente personale e territoriale. Chi rifiuta per convinzione politica e culturale queste logiche non può svolgere alcuna funzione politica».


Niente luce in fondo al tunnel?

«Spero si apra una nuova prospettiva nazionale per il Pd e il centrosinistra, superando l'esperienza di un partito cui manca una identità e una fisionomia politica e progettuale unitaria in grado di intercettare il consenso di una parte dell'elettorato proveniente dalla disarticolazione dell'aggregato berlusconiano. Esiste d'altronde un'area politica moderata, colpita dalla involuzione morale del sistema democratico che aveva creduto e vorrebbe ancora credere nel centrosinistra come soggetto riformatore e modernizzatore e che oggi è in cerca dei nuovi approdi. Con la crisi dell'assetto berlusconiano il sistema politico è destinato a riaggregarsi radicalmente, ma solo se il Pd e il  centrosinistra sapranno essere una reale e credibile alternativa al governo del centrodestra».


Gianpiero Bocci sul Messaggero ha invitato la classe dirigente di governo umbra a fare

riforme vere, radicali e dare la presidenza del consiglio regionale alla opposizione. Sarà

d'accordo, no?

«L'Umbria da tempo oramai vive al di sopra delle sue possibilità come d'altronde il resto del Paese. Riforme strutturali nel campo istituzionale e amministrativo e nell'assetto economico e sociale andavano quantomeno avviate 10-15 anni fa. Oggi diventano una necessità improrogabile. Per quanto riguarda la proposta della presidenza del consiglio all'opposizione mi permetto di ricordare che fu avanzata da me nel 1997, ma  naturalmente eravamo in un altro clima politico nazionale e con la commissione bicamerale per le riforme istituzionali in attività».