Stampa
Venerdì 11 Maggio 2007

"L'eroica tedesca che affrontò i nazisti"
"Il gesto e la figura di Caterina Herresthal a Valfabbrica nel giugno 1944"    sdf

di Alberto Stramaccioni

Una vicenda poco nota, ma utile per comprendere la vera e propria “guerra ai civili”, scatenata da parte dell’esercito tedesco in ritirata a Valfabbrica, un piccolo paese tra Gubbio e Perugia, il 25 giugno 1944. Era una domenica mattina quando l’allora piazza Umberto I, ora piazza Mazzini, andava popolandosi di gente che si avviava verso la chiesa di S. Sebastiano per la messa domenicale. La piazza viene all’improvviso occupata da un reparto militare tedesco che blocca le vie d’accesso e spara in aria raffiche di mitra per seminare paura e terrore. La presenza tedesca nel centro di Valfabbrica rappresentava la reazione ad un attacco che poco prima una pattuglia nazista aveva subito ad opera di alcuni partigiani, provocando un morto e due feriti gravi tra i soldati.


Una volta occupata la piazza, i nazisti si proponevano di mettere in atto una tipica rappresaglia come avevano già fatto in tante occasioni mentre in ritirata risalivano l’Italia dal sud al nord. Ben quaranta persone vennero subito messe al muro sotto la minaccia di armi automatiche, mentre alcune pattuglie ispezionavano l’interno delle case del paese. A quel punto, vista la possibilità che si potesse realizzare anche a Valfabbrica un nuovo eccidio di civili, Caterina Herresthal, una donna di origine tedesca, sposata con Luigi Fiorentini e madre di quattro figli, che abitava in una via attigua alla piazza, affronta i soldati tedeschi. Corre verso il comandante per offrire innanzitutto un aiuto come interprete, ma viene subito fermata. La donna non si arrende e comincia a gridare in lingua tedesca attirando così l’attenzione dell’ufficiale che alla fine ordina di farla avvicinare. Tra i due – secondo i testimoni – si sviluppa un dialogo molto concitato, caratterizzato dalle grida minacciose del comandante e disperate della donna. Il rischio concreto era di una nuova strage, simile a quella avvenuta pochi giorni prima a Gubbio, con il sacrificio dei “quaranta martiri” e inoltre con la minaccia per Valfabbrica di minare e di incendiare tutto il paese. Il comandante infatti appare seriamente intenzionato a procedere all’esecuzione dei civili ed ordina perentoriamente alla donna di portare al sicuro i suoi familiari e di allontanarsi prima che sia troppo tardi. Ma Caterina Herresthal si rifiuta di eseguire l’ordine e continua a battersi per convincere l’ufficiale che si degnasse almeno di esaminare alcune foto che testimoniavano come erano stati trattati dalla popolazione i suoi commilitoni mentre, nell’inverno 1943-44, erano in servizio a Valfabbrica. L’ufficiale nazista, dopo tante insistenze della donna non sembrava comunque disposto a liberare gli ostaggi. Le disposizioni del Comando Generale tedesco e del maresciallo Albert Kesserling non lasciavano d’altronde spazio ad alcuna comprensione verso i civili, qualora fosse stato ucciso un militare tedesco. L’ufficiale quindi, stufo dell’insistenza della donna, si rivolge a Caterina con particolare rabbia e le dice: “Tu cerchi di difendere chi ha aggredito i nostri militari, ma se non ti fossi sposata con un italiano, potevano essere i tuoi figli!” A queste affermazioni, la donna, sempre secondo la testimonianza dei presenti, rispose: “Questo è vero, ma tra gli ostaggi ci sono uomini, donne, giovani, che io conosco e alcuni di questi potrebbero essere miei figli e parenti. Voi ve ne andrete, ma qui lasciate il ricordo dei miei connazionali che hanno distrutto un paese ed hanno seminato morte. Io rimarrò tra quelli che si saranno salvati. Ma sarò odiata da tutti, perché tedesca, forse anche dai miei figli e da mio marito”. 
Dopo queste parole, pronunciate dalla donna con particolare disperazione, l’ufficiale nazista chiamò alcuni suoi subalterni e poi diede un ordine dopo il quale i militari si ritirarono dalla piazza e gli ostaggi, rimasti nel frattempo sotto la minaccia delle armi tedesche, si ritrovarono liberi. 
Non molto tempo dopo quella memorabile giornata, un militare tedesco, già sepolto nel cimitero di Valfabbrica, fu esumato per essere trasferito nella Cappella cimiteriale della famiglia Fiorentini e di Caterina Herresthal. Neppure i figli della donna hanno mai saputo se quella salma fosse del morto caduto nell’agguato, teso dai partigiani qualche giorno prima di quel tragico e fortunato per Valfabbrica 25 giugno 1944. 
Caterina Herresthal che era nata a Kurenz, in Germania nel 1896, emigrata in Italia dal Lussemburgo allo scoppio della prima guerra mondiale, morì a Valfabbrica nel 1986 e ancora oggi è ricordata come una vera e propria eroina, proprio per quel gesto di coraggio e generosità, la cui memoria si è tramandata nel tempo. 
Per questo il sindaco, Ottavio Anastasi e l’Amministrazione Comunale di Valfabbrica, proprio nei giorni scorsi, in occasione delle celebrazioni del 25 aprile, hanno voluto ricordare questo episodio storico della vita del paese. E nell’occasione hanno intitolato la piazzetta del capoluogo, adiacente all’abitazione di Caterina Herresthal, proprio a questa donna che, con il suo eroico gesto, salvò il paese dalla rappresaglia.