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Venerdì 18 Luglio 2008

"NEGAZIONISMO E ANTISEMITISMO"
"Archivi, ricerche e polemiche sulla Shoa e i crimini nazisti"    sdlkgn

di Alberto Stramaccioni

La recente polemica sulla collocazione della statua di cera di Adolf Hitler in un museo a Berlino non è che l’ultima diatriba su uno dei protagonisti, se non il principale della seconda guerra mondiale. Un conflitto planetario con milioni di morti che suscita ancora polemiche molto aspre non solo tra gli storici. Si è detto e scritto tante volte che la ricostruzione dei molti scontri bellici nella storia dell’umanità sia stata scritta dai vincitori a danno delle ragioni dei vinti. Ma forse per la storia della seconda guerra mondiale non è proprio del tutto così. Se è pur vero che in numerosi libri, in tanti documenti e in molti film sono prevalenti le ricostruzioni secondo le ragioni dei vincitori, una particolare diffusione hanno avuto anche le opinioni dei vinti e dei nazisti in particolare, a partire dagli anni Ottanta del Novecento.


Il tema preferito al centro della “rivincita storica” è in particolare la questione della Shoa, della “soluzione finale”, a danno degli ebrei voluta e organizzata scientemente dal regime nazista. Da qui la responsabilità del Terzo Reich hitleriano e dei “crimini contro l’umanità” e perciò stesso imprescrittibili sanciti dal tribunale di Norimberga e dalle Corti internazionali. Queste interpretazioni sono state pesantemente contestate da quel movimento storico-politico definito negazionismo il cui esponente più rappresentativo è lo storico inglese David Irving specializzato sulla storia della seconda guerra mondiale è considerato il capofila dei “revisionisti”. La sua offensiva si è sviluppata a partire dal 1977 con il volume La guerra di Hitler, una biografia vista dalla parte del Fuhrer dove quest’ultimo era definito un politico “razionale e intelligente”. Negli anni Ottanta poi lo stesso Irving affermò in più occasioni che le camere a gas non erano mai esistite negando quindi l’Olocausto, come peraltro fece in due discorsi pubblici tenuti a Vienna e Leoben fino poi a considerare Auschwitz “una disneyland per i turisti”. Per queste sue valutazioni storico-politiche Irving due anni fa venne arrestato e condannato a tre anni di carcere (sentenza molto discussa per avere insito il rischio di limitare la libertà di espressione) proprio in Austria dove vige una legge che punisce gli apologeti del Terzo Reich.
Sia pure con argomentazioni diverse da David Irving un altro storico come Ernst Nolte ha contribuito ad attenuare in qualche modo le responsabilità del nazismo nell’Olocausto, considerando la sua azione come la naturale reazione al comunismo e ai Gulag staliniani. Nel 1987 infatti Nolte pubblicò un volume dal titolo Nazionalsocialismo e bolscevismo in cui la tesi di fondo era che i Gulag e i crimini di massa dei comunisti al potere in Unione Sovietica avessero in qualche modo favorito i lager nazisti e i progetti di Hitler di ridefinizione dell’assetto demografico europeo delle popolazioni cosiddette ariane. In fondo, secondo Nolte, lo sterminio degli ebrei era avvenuto in modo analogo all’eliminazione voluta da Stalin dei contadini sovietici tra il 1929 e il 1935 e così tutto ciò aveva influenzato i pianificatori nazisti dell’Olocausto. La conclusione è quindi che esiste un nesso logico e “una risposta in eccesso alla paura del bolscevismo” da parte del nazismo fino a praticare una politica di sterminio sociale e politico uguale a quello staliniano. 
Ma oggi soprattutto dopo l’89 con la caduta dei regimi comunisti e la fine della guerra fredda è più facile e possibile l’approfondimento della ricerca storica e al di là delle inevitabili polemiche storico politiche quel periodo della storia mondiale è possibile indagarlo nel modo più oggettivo possibile. Sono stati aperti o resi consultabili tanti archivi storici sparsi nelle varie parti del pianeta e più facilmente di una volta utilizzabili grazie anche alla liberalizzazione degli accessi e alla evoluzione delle tecnologie informatiche.
In particolare in Germania a Bad Arolsen esiste un archivio con un’impressionante documentazione su 17 milioni e mezzo di persone implicate nelle vicende dei campi di sterminio accessibili finora solo ai familiari delle vittime e ai loro legali, ma è sollecitata dagli Usa e da altri stati la consultazione per tutti i cittadini che volessero informarsi. 
Altri materiali particolarmente importanti su questo periodo e sui crimini nazisti sono contenuti negli Archivi del Museo dell’olocausto a Washington presso il National Security Archives della George Washington University e al National Archives & Records Administration, NARA, al College Park nel Maryland. A New York invece è possibile consultare gli archivi dell’Onu (United Nations Archives) dove sono contenuti documenti specifici sui crimini di guerra. 
Un’importante documentazione sui crimini nazisti è rintracciabile anche a Londra presso il National Archives a Kew, Richmond. Ma importanti documenti sono rintracciabili in Germania a Berlino presso l’Archivio del Ministero degli Affari Esteri a Coblenza e a Ludwigsburg in archivi e centri di documentazione specifici. 
L’intensificarsi delle ricerche e degli studi storici in questi archivi può sicuramente contribuire a porre il confronto storiografico e politico con i sostenitori del negazionismo su basi più solide e fondate e meno esposte ad un eccessivo “uso politico della storia”. Naturalmente chi mette in discussione la stessa esistenza della Shoa attraverso tesi e posizioni negazioniste non può essere contrastato solo con leggi come quelle esistenti in Austria che rischiano di far passare gli antisemiti come i paladini della libertà di espressione e di opinione. D'altronde se negare la Shoa vuol dire automaticamente aizzare l’odio antisemita bisognerebbe spiccare un mandato di cattura internazionale per il presidente iraniano Ahmadinejad o per i capi di Hamas e molti altri esponenti islamici che non sono da meno di Irving. Se si vuole combattere veramente contro il risorgente antisemitismo non lo si può identificare tuot court con il negazionismo storico, che va comunque contrastato con la ricerca storica e la battaglia politico-culturale.