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Venerdì 01 Giugno 2007

"Partigiani e fascisti insieme?"
"Sessant’anni fa a Perugia un tentativo per la pacificazione"     sgndfkg

di Alberto Stramaccioni

Nel giorno del Capodanno, il primo gennaio del 1947 al cimitero di Perugia si ritrovarono un centinaio di giovani reduci dalle lotte partigiane e di aderenti alla Repubblica sociale italiana. Insieme, dopo aver partecipato ad una messa di suffragio, resero omaggio ai morti dei due schieramenti, scontratisi nei mesi della guerra e della resistenza, deponendo una corona di alloro sul monumento ai caduti. 
Questa iniziativa di pacificazione e riconciliazione dopo gli anni della guerra civile tra italiani fascisti e italiani antifascisti fu organizzata da due giovani, Corrado Sassi partigiano della banda “Francesco Innamorati” operante sui monti di Bettona e Deruta e Bruno Cagnoli aderente alla Repubblica sociale italiana. La vicenda è stata raccontata proprio da Corrado Sassi nel 1998 attraverso un volume autobiografico edito dalla Edimond dal titolo “Rose e latrine fra i Cesari. Quel capodanno perduto”.


Il tutto sembra che avvenne all’insaputa dei partiti, anche se risulta dal volume che proprio il comandante partigiano Cino Moscatelli e il giovane Raffaele Rossi si impegnarono per bloccare i camion che dall’Alta Valle del Tevere erano pronti a partire per Perugia allo scopo di far naufragare la manifestazione al cimitero. Ma l’iniziativa si svolse comunque e fu ripresa con grande evidenza sulla stampa italiana anche da prestigiosi giornalisti come Mario Missiroli. 
Per giorni e giorni nel gennaio 1947 dal “Messaggero” al “Corriere della sera”, da “L’Unità” al “Nuovo Corriere” di Firenze i giornali si occuparono della vicenda e il gesto dei “giovani di Perugia” divenne un fatto politico nazionale e argomento di dibattito. Erano tra l’altro giorni in cui De Gasperi, capo di un governo di unità nazionale partiva per un viaggio a Washington al ritorno dal quale sarebbe entrato in crisi l’esecutivo con l’esclusione dei comunisti. Il clima di contrapposizione tra filo atlantici e filo comunisti si accentuava e la “guerra fredda” tra i due blocchi polico-militari finisce con il condizionare per molti decenni la vita politica italiana e internazionale.
Ma il tentativo di riconciliazione messo in atto dai giovani di Perugia era destinato a lasciare un segno. Fu infatti lo stesso Palmiro Togliatti, segretario generale del Pci ad interessarsi della vicenda e convocò, non senza qualche disappunto, due autorevoli dirigenti comunisti perugini, Armando Fedeli e Mario Angelucci per chiedere informazioni e spiegazioni. L’iniziativa infatti pur essendo stata messa in atto da un giovane partigiano e comunista come Corrado Sassi era sfuggita al loro controllo. L’intento di Togliatti era quello di valorizzare l’iniziativa di pacificazione dei giovani perugini, non certo di ostacolarla. D’altronde era stato proprio il segretario generale del Pci, nella sua qualità di ministro della Giustizia, a proporre l’approvazione, nel giugno dell’anno prima, del provvedimento “dell’amnistia” per tutti coloro che negli anni della guerra e della resistenza si erano macchiati anche di gravi delitti. Dopo Togliatti anche Pietro Ingrao, d’accordo con la pacificazione intervenne su “L’Unità” del 4 gennaio 1947sostenendo come: “…Esistono oggi in Italia migliaia di giovani ex fascisti delusi, disperati, sbandati nelle idee e nella vita pratica. Che cosa fare? Condannarli al rancore e alla disperazione, lasciarli come massa di manovra ai provocatori e ai cospiratori clandestini? O piuttosto avvicinarli alla vita delle organizzazioni democratiche, mostrare loro il volto fattivo e sereno della nuova Italia, immetterli nel lavoro e nello sforzo ricostruttivo della nazione?…” 
Ma dopo l’iniziativa di capodanno i giovani perugini dei due schieramenti non si fermarono e convocarono per il giorno dell’Epifania un’assemblea pubblica alla Sala dei Notari per informare e coinvolgere la cittadinanza in quest’opera di riconciliazione. I giornali tornarono a dare grande spazio all’iniziativa e in particolare il “Nuovo Corriere”raccontò l’andamento dell’assemblea: “… nella Sala dei Notari ci siamo trovati come per incanto in un mondo nuovo e sconosciuto, il mondo della fraternità della comprensione, della pace. Partigiani, reduci, aderenti alla repubblica sociale, deportati in Germania, prigionieri, uomini avviliti dal peso della disfatta, avevano lasciato fuori il fardello dei loro rancori e le loro delusioni ed entrando nella vecchia, gloriosa sala avevano ritrovato l’animo di italiani e di fratelli, perché italiani. E in nome di questa nostra Italia lacerata nelle carni e negli spiriti, offesa, vilipesa e divisa, c’è stato un ritrovamento tra coloro che hanno creduto in idee opposte e militato in campi avversari e che oggi hanno partecipato al rito con purità di cuore e di intendimenti. Il rito è stato semplice e austero come si conviene ai vecchi combattenti che hanno deposto il mitra e il pugnale per riprendere l’opera della ricostruzione e del lavoro, dono di Dio riservato agli uomini di buona volontà…” Poi l’estensore dell’articolo Ubaldo Degli Azzi Vitelleschi riporta alcune parti dell’o.d.g. approvato al termine dell’assemblea dove si chiede: “… di voler disporre la scarcerazione dei partigiani tutt’ora detenuti per motivi strettamente connessi alla lotta di liberazione; di voler rivedere nello spirito della pacificazione avvenuta, la posizione giuridica dei giovani ex aderenti alla Repubblica Sociale Italiana tutt’ora detenuti, mentre i maggiori responsabili sono ancora impuniti, per permettere a coloro che agirono in nome di un ideale, di ritornare alla vita civile con dignità; l’abolizione della epurazione amministrativa per coloro non assunsero delle gravi responsabilità; l’abolizione dei certificati di buona condotta fisica…”. Poi il giornalista prosegue descrivendo il clima della Sala dei Notari: “…la cerimonia volge al termine, in un’atmosfera di calorosa affettività, mentre risuonano le note dell’inno di Mameli e fra la commossa comprensione dei giovani e dei numerosi cittadini presenti, si compie il rito dell’abbraccio fra un partigiano ed un aderente alla repubblica sociale, i quali depongono il ramoscello d’olivo sopra l’elmetto di tutte le guerre. E’ su una visione, su quel gesto simbolico che si sono fissati gli occhi commossi di tutti, è su quella visione che si fissa – ne è giunta l’eco a Perugia – lo sguardo della Patria rinascente. A Perugia, cuore d’Italia, è stata accesa la scintilla della riconciliazione e della comprensione fra gli uomini…”. 
Un’iniziativa analoga a quella di Perugia viene organizzata due settimane dopo a Roma da un gruppo di ex fascisti all’Università, ma a differenza di quella svoltasi nel capoluogo umbro, finì in rissa con quindici feriti.
L’evoluzione delle vicende politiche nazionali ed internazionali nel clima della guerra fredda resero sempre più difficile ogni tentativo di riconciliazione, ma l’iniziativa dei giovani perugini rimase la testimonianza di un importante volontà di riconciliazione nazionale.