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Domenica 24 Luglio 2005

"I 40 martiri di Gubbio, una strage archiviata"
"Presentato il libro di Brunelli e Pellegrini sui 40 martiri del 1944. Dopo Sessant'anni ancora non si è fatta giustizia"    fdghfg

di Alberto Stramaccioni

Per i quasi seicento morti di Sant’Anna di Stazzema si è fatta finalmente giustizia, ma per quelli di Gubbio ancora no. Con la sentenza del Tribunale di La Spezia, dieci ufficiali nazisti sono stati riconosciuti colpevoli di un efferato crimine contro vecchi, donne e bambini e condannati all’ergastolo. Per Gubbio non c’è stato invece mai alcun processo. L’intera vicenda eugubina è stata ricostruita nei giorni scorsi, nel sessantunesimo anniversario della fucilazione dei “quaranta martiri”, con la presentazione del libro “Una strage archiviata, Gubbio 22 giugno ‘44”, scritto da Luciana Brunelli e Giancarlo Pellegrini, edito dal Mulino. I due autorevoli studiosi, noti per la perizia con cui analizzano e interpretano i documenti, dopo molti anni di lavoro, ricostruiscono dettagliatamente la complessa storia di una vicenda che ha segnato e diviso profondamente e per decenni la città umbra.


1. L’occasione della pubblicazione del volume è utile per tornare a riflettere su una delle più tragiche vicende di quella “guerra ai civili”, voluta dai nazisti e dai fascisti, che ha insanguinato l’Italia con oltre 15 mila morti, tra il settembre 1943 e l’aprile 1945. A Gubbio avvenne proprio il 22 giugno 1944 una rappresaglia dei tedeschi in ritirata, con la fucilazione di quaranta cittadini tra cui due donne, che si configura come un vero e proprio “crimine contro l’umanità” e perciò stesso imprescrittibile, ma su quell’eccidio non si è avuto nessun processo giudiziario. In più la vicenda ha diviso la comunità eugubina per oltre cinquant’anni, scatenando polemiche riguardanti le dinamiche e le responsabilità della tragedia. Polemiche alimentate soprattutto dai familiari delle vittime (tra cui anche alcuni militanti comunisti) che accusarono i partigiani locali e quelli della brigata S. Faustino di leggerezza e imprudenza, per aver ordinato l’attacco armato alla città, scendendo dal colle di S.Ubaldo, al fine di liberala, prima dell’arrivo degli angloamericani e poi per aver ucciso e ferito due ufficiali nazisti, fornendo così il pretesto per la rappresaglia tedesca e il sacrificio dei quaranta martiri. Ma quella di Gubbio è stata una vicenda non dissimile purtroppo da molte altre che si sono realizzate nel centro-nord del paese. Nella città umbra però si è preferito cercare i responsabili “più vicini” rinunciando in qualche modo ad una ricostruzione dei fatti, inserendoli nel contesto più generale della guerra, del passaggio del fronte e della lotta di liberazione nazionale. Per decenni non ci sono state le condizioni per realizzare una “ricostruzione condivisa” della vicenda, ma oggi il lavoro di Brunelli e Pellegrini può dare un prezioso contributo a riconsiderare personaggi, comportamenti, responsabilità nei fatti intervenuti tra il 20 e il 22 giugno 1944, che si spera possano essere acquisiti come elementi per una storia condivisa di quel tragico evento, soprattutto per i più giovani. 
2. Si può certo discutere, come fanno gli autori, sulle responsabilità del movimento partigiano, sulla opportunità della loro iniziativa e in particolare di alcuni componenti dei Gap, come “Babusse” (Gino Ferretti) o di “Baffetti” (Oberdan Belardi), quali esecutori materiali dell’attacco agli ufficiali medici tedeschi nel bar “Nafissi”. Ma non si può certo “giustificare” o addirittura considerare scontata e legittima la reazione tedesca, circoscrivendo poi la vicenda all’area di Gubbio, per isolarla in un contesto, che peraltro aveva già visto uccisi alcuni cittadini per mano nazista durante i rastrellamenti nelle settimane precedenti. Quando poi solo in Umbria in quei mesi, ci furono azioni di rappresaglia con più di cinquanta eccidi e con oltre 250 morti, tra donne vecchi e bambini.
D’altronde nella stessa strage di Gubbio sono emerse diverse responsabilità, oltre naturalmente a quelle principali dei nazisti occupanti, sia da parte delle organizzazioni partigiane come di una componente della popolazione, attraverso l’azione di personaggi come Ladislao Rossi detto “Lallo” o il “Piretta” che collaborarono, tra il 20 e il 22 giugno con i tedeschi anche per la tragica selezione dei “40 martiri” tra i 160 eugubini presi in ostaggio. Comportamenti e responsabilità di cittadini di Gubbio, non certo molto diversi da quelli che hanno caratterizzato le tante stragi avvenute in Italia, fino a poter considerare fondata l’interpretazione di chi ha parlato di una vera e propria “guerra civile” tra italiani fascisti e italiani antifascisti, nel quadro di una guerra di liberazione nazionale contro l’occupante nazista, condivisa dalla larga parte della popolazione, ma anche con una componente consistente di essa che assisteva passivamente agli eventi, in una specie di “zona grigia”.
Di fronte a tutto ciò quello che è più grave è comunque la mancanza di giustizia per un crimine tra i più efferati al pari di quelli più noti delle fosse Ardeatine, di Marzabotto e di Sant’Anna di Stazzema, che però, sia pure dopo oltre mezzo secolo, ha avuto giustizia. La sentenza dei giorni scorsi dimostra che se ci fosse stata la volontà di perseguire i responsabili si sarebbe potuti giungere anche per Gubbio ad una conclusione analoga.
3. La storia della “archiviazione giudiziaria” della strage eugubina è invece lunga e significativa. Inizia nel giugno del 1945, quando lo Special Investigation Brunch inglese condusse un’indagine sulla vicenda individuandone i presunti responsabili nei generali Boelsen e Bourquin, quali comandanti dei battaglioni nei quali operavano altri ufficiali come il capitano Buckmakowski, comandante della piazza di Gubbio al momento dell’attacco dei partigiani e poi del capitano Rausch che gli succedette e del tenente Von Heyden, del capitano Oberstaberger, del colonnello Niedermeir, del tenente Ritter, tutti legati per le loro responsabilità all’eccidio. Nel settembre del 1967 anche la Procura di Stoccarda, dopo alcuni anni di indagini, sollecitate dal “Comitato 40 martiri”, decreta l’archiviazione dell’istruttoria sulla strage di Gubbio. Identifica i presunti responsabili, ma verifica la loro scomparsa o l’impossibilità ad essere processati richiamandosi alle sentenze dei Tribunali Internazionali che in qualche modo ritenevano “normale” la rappresaglia collettiva, come “reazione proporzionata all’offesa ricevuta” e “la punizione verso la popolazione, considerata corresponsabile con l’azione ostile ai tedeschi” e quindi in qualche modo giustificata.
Purtuttavia l’indagine della Procura di Stoccarda insieme a quella della Special Investigation Brunch fornivano un’insieme di materiali istruttori sui quali la magistratura militare italiana avrebbe potuto autonomamente indagare.
Purtroppo nel 1960 fu proprio la Magistratura Militare a disporre, in modo del tutto arbitrario, ma non certo senza la copertura del potere politico di allora e nel contesto dei nuovi equilibri internazionali della guerra fredda,“l’archiviazione provvisoria” di tutti i fascicoli sui crimini nazifascisti.
4. Come è noto, solo nel 1994 il fascicolo della strage di Gubbio venne rinvenuto nel cosiddetto “armadio della vergogna” e su sollecitazione del Comune e dei familiari delle vittime venne avviata una lunga indagine da parte del Procuratore militare Antonino Intelisano che durò ben quattro anni. Al termine della quale, un po’ per la scarsa collaborazione dei magistrati tedeschi, ma anche per una insufficiente azione della magistratura militare italiana, che non conosceva addirittura i risultati della precedente indagine della procura di Stoccarda, l’inchiesta venne archiviata nell’ottobre del 2001.
Mentre nei decenni si consumavano le infruttuose indagini giudiziarie il libro di Brunelli e Pellegrini ricostruisce le tante occasioni in cui si è sviluppata la polemica e la divisione nella città su questa strage. Nel 1986 in particolare, quando si trattava di intitolare al nome di Amelio Gambini, uno dei partigiani eugubini, ma noto per essere stato soprattutto un prestigioso sportivo, lo stadio di Gubbio. E poi nel 1995, quando il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro presente a Gubbio l’anno prima, in occasione del cinquantesimo anniversario della strage, decise di concedere al Comune la Croce al valore militare.
Solo in questi ultimi anni sembrano essersi sopite le polemiche di un tempo e nel sessantesimo anniversario dell’eccidio il presidente della Camera dei Deputati, Pier Ferdinando Casini, ha voluto emblematicamente consegnare al Comune il fascicolo relativo alla strage contenuto nell’armadio della vergogna e acquisito dalla “Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dell’occultamento dei fascicoli relativi ai crimini nazifascisti”. I familiari delle vittime continuano legittimamente a chiedere alla magistratura militare italiana la riapertura dell’istruttoria con un’indagine più approfondita di quella iniziata nel 1995. 
Ancora oggi nonostante il tempo passato si tratterebbe di accertare l’esistenza ancora in vita di altri ufficiali eventualmente corresponsabili della rappresaglia. Ma naturalmente le speranze per la riapertura di una nuova istruttoria appaiono purtroppo realmente poche, nonostante gli auspici del Presidente della Commissione Parlamentare d’inchiesta, Tanzilli.
Ma se non si riuscirà a fare giustizia ci si ponga almeno l’obiettivo della pacificazione nell’intera comunità eugubina su una vicenda così tragica. In questo senso il volume di Brunelli e Pellegrini può sicuramente contribuire concretamente a ricostruire una “memoria condivisa”, proprio perché si ricompongono fatti e vicende nella loro complessità e soprattutto nel contesto politico e militare di quegli anni, complicati e drammatici, ma che portarono la libertà e la democrazia nel nostro paese.