Stampa
Lunedì 11 Gennaio 2010

"L'ITALIA E LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO"
"Intervento al convegno del 9 novembre 2009 al Teatro Pavone di Perugia"    

di Alberto Stramaccioni

Vorrei innanzitutto ringraziare il Consigliere regionale Ada Girolamini che ci ha invitato a questa iniziativa e tutti gli organizzatori e i presenti. Va sottolineato d'altronde che, almeno nella nostra regione, questa è la prima iniziativa che si svolge nel ventennale della caduta del muro di Berlino ed ha un innegabile valore culturale, storico, ma anche e soprattutto politico.
1. La prima cosa da evidenziare quando si parla degli effetti prodotti dalla caduta del muro penso che debba essere l’elemento rappresentato dalla forte rottura avvenuta nella storia mondiale con gli eventi intervenuti nell’Est europeo e in URSS, tra il 1989 e il 1991, conclusisi con la dissoluzione dell’impero sovietico, nato nel 1917 e rafforzatosi dopo la seconda guerra mondiale.


Perché sottolineo questo giudizio? Sembrerebbe un fatto scontato e banale, affermare l’importanza dell’elemento di rottura intervenuto con la caduta del muro, ma se si guarda ai libri usciti negli ultimi mesi o settimane, o si fa riferimento ai saggi e ai commenti di questi ultimi giorni, non è poi un giudizio così scontato quello che io ho dato. Una specie di nostalgia per il periodo della guerra fredda sembra infatti riemergere di fronte ai tanti problemi presenti nel panorama internazionale dove stenta a determinarsi un nuovo equilibrio multipolare. Una nostalgia che viene non solo dalla cultura comunista, più o meno ortodossa, ma da vari settori politico culturali, da alcune parti della diplomazia internazionale, ma anche da alcuni governanti, a Est come a Ovest. In questi vent’anni, una certa “cultura e pratica della guerra fredda”, non è stata del tutto superata ed ha orientato diverse scelte, assieme al consolidamento di vecchie relazioni internazionali. 
Sottolineare però questa rottura, e una nuova periodizzazione, nella storia delle relazioni internazionali, non vuol dire come ha fatto a caldo Francis Fukuyama, interpretare la caduta del muro e la fine dei regimi comunisti come la “fine della storia”. Credo che oggi si possa parlare, invece, del 9 novembre 1989 come la data dell’inizio di una “nuova storia”. 
Quali sono stati allora gli elementi determinanti per l’avvio di questa nuova storia?
Innanzitutto la nascita della nuova Europa a partire dalla riunificazione della Germania. Oggi facendo l’elenco di tutti i protagonisti attivi di questa riunificazione, bisogna dire che perplessità forti c’erano nella Francia di Mitterrand e ancora più forti nella Gran Bretagna della Thatcher, oltre che nell’Italia di Andreotti, che ha avuto modo in varie occasioni di esprimere le sue preoccupazioni. 
Non è strano quindi che ancora oggi permanga una certa cultura e nostalgia per un mondo diviso in due blocchi, dove il bipolarismo USA-URSS alimentava le politiche interne ed estere dei diversi Stati, le varie convenienze a livello internazionale. E questo è un dato, non del tutto superato, se si riflette su come oggi si muove la Russia di Putin e si muoveva una parte dell’establishment americano nell’era Bush, anche se con l’elezione di Obama molte cose stanno cambiando in USA, o almeno così sembra.
Quindi la riunificazione della Germania, l’affermazione dell’euro, la moneta unica europea, l’Europa a 27 paesi, il “risveglio asiatico” con il ruolo oramai straordinariamente grande, economico e politico della Cina, dell’India, ma anche del Brasile sono elementi nuovi, in un mondo che si è liberato dal vecchio bipolarismo. Purtuttavia occorre riflettere sul perché ancora oggi dopo il crollo del Muro e la fine del bipolarismo USA-URSS, non si è passati ad una politica delle relazioni internazionali fondata su un effettivo multipolarismo in cui l’Europa e gli altri protagonisti possano svolgere un ruolo e una loro funzione politica internazionale, pari alla loro grande forza economica e produttiva. Si è passati dal G8 al G20, ma molte cose non sono ancora cambiate nelle relazioni internazionali.
La difficoltà in particolare per l’Europa, è d'altronde rappresentata proprio in queste settimane dalla discussione in corso tra i principali paesi impegnati a trovare un ministro degli esteri dell’Unione Europea che sia effettivamente rappresentativo di una politica estera unitaria dell’intera nuova comunità europea. 
2. Ora tra i tanti elementi di rottura, di svolta che si sono determinati a livello internazionale c’è per tante ragioni sicuramente la vicenda italiana. Innanzitutto perché in Italia c’era il più grande, Partito Comunista dell’Occidente, che via via dal secondo dopoguerra aveva raggiunto il consenso di un terzo degli elettori italiani, in libere elezioni naturalmente e perché poi in Italia esisteva anche un Partito Comunista Italiano che, nonostante dissensi, rotture e svolte aveva creduto, commettendo un errore politico di non scarso rilievo, nella “riformabilità del sistema sovietico” e dei sistemi comunisti ad esso collegati, investendo sulla stessa esperienza di Gorbacev, fino a pochi anni prima della caduta del muro.
Ora, però, in Italia la Caduta del Muro ha coinvolto tutti, come è stato già detto. 
Sia coloro che sostenevano o si identificavano in qualche modo con i regimi dell’Est, sia coloro che li avversavano. Ma detto questo credo che sia abbastanza superficiale o banale dire che il crollo del Muro ha di per sé cambiato il sistema politico italiano. Perché c’è stata una fase della storia italiana tra il 1989 e il 1994, un quinquennio, dove si è consumata la crisi di un sistema politico per ragioni sicuramente internazionali, ma anche e forse soprattutto interne. Come sempre è successo nella storia italiana, mai le vicende di lotta politica interna, hanno influito in maniera esclusiva e decisiva sui mutamenti che si sono poi avuti. C’è sempre stata una correlazione molto stretta e forte, tra politica interna e politica estera anche per la collocazione geopolitica dell’Italia, distesa com’è sul Mediterraneo, per il ruolo che ha avuto nei secoli e assolto negli ultimi decenni, in particolare dal secondo dopoguerra nello schieramento atlantico, all’interno del conflitto Est-Ovest.
Ecco allora che il crollo del Muro e la crisi dei sistemi comunisti si sono intrecciati con la crisi del sistema politico italiano che si è avviata con la mancata modernizzazione del paese richiesta a partire dalle lotte sociali del biennio 1968-’69. C’è stato poi il delitto Moro e una diffusa azione terroristica che ha sancito l’impossibilità di aprire una nuova stagione politica per l’Italia e la crisi si è successivamente sviluppata nel corso degli anni ’80, attraverso vicende particolarmente significative che avevano origine nella pesante crisi economico-finanziaria del paese, nell’attacco della criminalità allo Stato, nella dilagante corruzione politica, nella crisi dell’alleanza tra i due principali partiti di Governo, la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista che hanno governato l’Italia per decenni dal 1963 in poi, sia pure con alterne vicende. 
3. Comunque sia, o quali che siano le ragioni che hanno portato alla crisi del sistema politico italiano si è arrivati ad un punto in cui l’intreccio di diversi elementi nazionali e di carattere internazionale hanno finito con il delegittimare l’intera classe dirigente politica italiana. E certamente le indagini della magistratura sulla corruzione, tra il 1992 e il 1995 hanno dato il colpo finale a una delegittimazione di una classe dirigente che si era andata già consumando nel corso degli anni precedenti. E quando parlo di delegittimazione non mi riferisco solo alla componente politica e di governo, ma anche alla principale forza di opposizione, il Partito Comunista. Il Pci si era delegittimato nella sua funzione politica in Italia, certamente per le vicende internazionali, come la caduta dei regimi comunisti, ma anche perché subiva un processo di crisi per ragioni di politica interna non essendo riuscito ad esprimere una politica autenticamente riformista e una cultura di governo realmente alternativa. Spesso aveva condiviso una politica consociativa che ha fatto certo crescere lo Stato sociale italiano, ma che ormai, alla fine degli anni Ottanta, produceva assistenzialismo, sprechi, sottogoverno, corruzione e scarsa competizione del nostro sistema produttivo nei nuovi mercati internazionali.
Questa politica consociativa sia pure negli anni della guerra fredda, ha finito per legittimare una “democrazia bloccata” in Italia e offuscare i ruoli necessariamente alternativi tra maggioranza e opposizione in Italia. 
Un grande peso poi, nella crisi del sistema politico italiano hanno avuto i vincoli finanziari europei cha a partire dal Trattato di Maastricht del 1992 hanno esercitato un forte condizionamento sulle politiche di bilancio del paese e sulla stessa configurazione dello Stato sociale in Italia.
Quindi vicende internazionali e nazionali insieme, hanno portato a una situazione dove non credo che si possa dire, come è stato detto, che a vincere sia stata la Destra, anche se i dati politici ed elettorali dicono questo. A perdere una grande occasione è stata invece la sinistra nel suo insieme. Perché certamente è vero, che la politica del P.C.I. era una politica egemonica a sinistra, ma ugualmente la politica di “unità socialista”, del Partito Socialista di Bettino Craxi, era comunque una politica in qualche modo annessionistica. Quasi a dire da parte del Psi: noi non abbiamo mai creduto nella riformabilità dei sistemi comunisti, nei quali voi del Pci vi identificate e per questo dopo il loro fallimento, oggi tocca a noi guidare la sinistra in Italia. Naturalmente, la sindrome autodistruttiva della sinistra è un dato purtroppo connaturato nella storia politica italiana e gli effetti purtroppo si sono visti. Certamente in quegli anni si è avuta la consapevolezza dei problemi, ma non c’è stata sicuramente una classe dirigente, in entrambi i partiti, in grado di affrontarli e superarli. 
E’ di fronte a questi errori e incapacità politiche a capire e interpretare il cambiamento che è arrivato Berlusconi con Forza Italia. Una operazione che è stata possibile, non dimentichiamolo, grazie anche ad una nuova legge elettorale di tipo maggioritario spurio, come quella del 1993, con caratteri molto diversi dai sistemi politici di altri paesi europei, ma che ha comunque istituito un Italia il sistema bipolare dove è stata più facile l’affermazione della destra. Da noi poi, anche per le caratteristiche del fenomeno Berlusconi il bipolarismo che si è andato affermando, non si è basato sul rispetto reciproco dei due schieramenti in campo, ma sulla delegittimazione reciproca, continua e costante. 
Per concludere il ragionamento a partire dagli effetti prodotti dalla caduta del muro e guardando in particolare la situazione italiana di oggi, possiamo dire che siamo arrivati sicuramente impreparati alla svolta politica dell’89-‘94 e da questa impreparazione o da questa caratterizzazione anomala del sistema politico italiano, non siamo ancora riusciti a venirne fuori. Ad una anomalia che è durata cinquant’anni nel nostro Paese, sia pure nel periodo della guerra fredda, con il più grande Partito Comunista dell’Occidente legato certamente ai paesi dell’Est, oggi si è aggiunta a partire dal 1994 un’altra anomalia rappresentata dal “caso Berlusconi”. 
Per finire non credo quindi che si possa passare di anomalia in anomalia e si debba per questo riuscire, partendo anche dalla grande svolta avvenuta nell’89 a chiudere la lunga transizione politico-istituzionale e a costruire anche in Italia un sistema politico più rappresentativo dei bisogni e delle esigenze degli italiani, ma soprattutto con una capacità di fare riforme vere per la modernizzazione effettiva del paese. Grazie.