Sabato 20 Giugno 2009
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""RELAZIONE ALL'ASSEMBLEA PROVINCIALE DEL PD DI PERUGIA DEL 12 GIUGNO 2009""
"Analisi del voto del 6-7 giugno, preparazione dei ballottaggi e referendum del 21-22 giugno."    fsfd

di Alberto Stramaccioni

Abbiamo voluto convocare a pochi giorni dal voto del 6-7 giugno l’Assemblea Provinciale del Pd non solo per un’analisi dei dati elettorali, ma anche per preparare al meglio le sfide dei ballottaggi che si terranno il 21-22 giugno in importanti Comuni come Spoleto, Bastia, Marsciano, Gualdo Tadino e poi naturalmente nell’altra Provincia, a Terni e Orvieto. Risultati che daranno un assetto politico e di governo definitivo alla realtà umbra e ci consentiranno una valutazione più compiuta anche sull’esito del voto al Pd e al centrosinistra, il 6-7 giugno nella nostra regione.
E’ chiaro che noi stiamo lavorando e dobbiamo lavorare per eleggere i tutti e sei i Sindaci del centro-sinistra. Se dovessimo vincere in tutti e ripeto, è questo naturalmente il nostro obiettivo, cambierebbe sicuramente il giudizio complessivo sul voto in Umbria. 
Oggi svolgiamo quindi una prima discussione.


I ballottaggi in Umbria si inseriscono d’altronde in una serie di ballottaggi nazionali, a Torino e Milano (Provincia), Firenze, Bologna, Padova, Ancona, Bari ed altri importanti Province e Comuni.
Ora anche in vista dei ballottaggi ha un peso l’approccio e il giudizio politico che diamo sul carattere del voto europeo e amministrativo che già si è avuto in Italia e in Umbria.
Innanzitutto dobbiamo evitare di forzare l’interpretazione degli effettivi risultati elettorali con le necessità correntizie della futura battaglia congressuale all’interno del Pd.
1. In particolare sul voto umbro non dobbiamo fare del trionfalismo, ma nemmeno del catastrofismo. E domandarsi come mai la Destra in Umbria non vince o non ha vinto in nessun Comune (se si eccettua Montefalco, Torgiano, Collazzone, e poi Porano e Guardea). E non credo che questa sia una domanda politicamente infondata, inopportuna o propagandistica.
Come credo che non si debba, in un clima nazionale negativo e diciamo problematico nelle regioni dell’Italia centrale, valorizzare la vittoria del centrosinistra al primo turno nelle due Provincie di Perugia e di Terni, e in città importanti come Perugia, Foligno, Corciano, Umbertide e in quasi 60 Comuni sotto i 15.000 abitanti. In più non credo che vada sottovalutato il fatto che Perugia, e non Firenze o Bologna, sia l’unico capoluogo di regione dove noi amministravamo, in cui la coalizione di centrosinistra vince al primo turno. E sia detto per inciso proprio a Bologna e Firenze si sono tenute le elezioni primarie per la scelta del candidato-sindaco, peraltro con una scarsa affluenza e l’inevitabile seguito di polemiche e rancori tra vincitori e vinti.
Ma torniamo alla nostra regione se è pur vero che il Pdl alle europee è diventato il primo partito in Umbria come nelle Marche, di quasi due punti, poi alle provinciali i rapporti di forza si ribaltano e in Umbria il Pd torna ad essere il primo partito con il 34,4% di voti e il Pdl si attesta al 32,3%. Perdendo nel confronto con le europee, migliaia di voti, ma più avanti valuteremo nel dettaglio il voto umbro.

2. Detto questo il risultato del Pd in Italia come in Umbria apre necessariamente una profonda e preoccupata riflessione su almeno tre questioni:
- l’identità politica e programmatica del Partito e il suo profilo riformista;
- la sua politica delle alleanze in rapporto alla pretesa volontà di costruire invece una partito a “vocazione maggioritaria”;
- il suo radicamento, la rappresentatività e l’ autorevolezza del suo gruppo dirigente centrale e locale.
E’ una questione alla quale solo un approdo congressuale spero possa dare risposte definitive senza però riproporre vecchie spaccature e contrapposizioni solo di potere e personalistiche. Un appuntamento quello congressuale che sarebbe comunque sbagliato evitare.
Il voto europeo ha certo visto sconfitte le sinistre e le forze progressiste in Europa. Il Psoe in Spagna, il Labour in Gran Bretangna, lo Spd in Germania, i Socialisti in Francia. Forze di sinistra che vengono sconfitte sia che si trovino al governo che all’opposizione. Si vince solo in Svezia e in Grecia, mentre c’è naturalmente una forte riduzione del Pse nel Parlamento Europeo.
La nostra riflessione dall’Italia, quella del Pd in particolare deve portare ad una spinta al rinnovamento della stessa politica dei socialisti e dei progressisti in Europa. Oggi allora ridefinire la collocazione europea del Pd è una occasione per contribuire dall’Italia ad una ridefinizione del ruolo e della funzione dei democratici e dei socialisti in Europa. E’ stata positiva quindi la costituzione, ieri di una intesa per un nuovo gruppo europeo dei democratici e dei progressisti “l’Alleanza dei socialisti e dei democratici” che può essere utile all’Europa e all’Italia come nucleo originario di una nuova forza modernizzatrice e riformista in Italia e in Europa.
3. Tutto questo ci riconduce innanzitutto al tema dell’identità del Pd nel sistema politico italiano, ormai bipolare, ma non certo bipartitico.
In questo quadro una prima questione sulla quale occorrerebbe avere una posizione più unitaria e precisa da parte del Pd è la questione del referendum elettorale del 21-22 giugno per il quale tra l’altro, non abbiamo raccolte le firme, anche se abbiamo manifestato la volontà di cambiare la legge definita “porcata”, approvata nel dicembre 2005 dal centrodestra. Nei mesi scorsi la Direzione Nazionale del Pd ha votato per i 3 SI. C’è oggi un documento di tredici membri della Direzione Nazionale del Pd che chiedono di non fare campagna elettorale. Il referendum con i tre quesiti in materia elettorale, in caso di esito positivo porta alla conseguenza che il premio di maggioranza viene attribuito alla Camera e al Senato alla lista singola che abbia ottenuto il maggior numero di seggi e non alla coalizione di liste di uno schieramento. E poi porterebbe all’eliminazione delle doppie candidature.
Il referendum se passasse porterebbe ad accentuare il carattere bipartitico e non certo solo bipolare del sistema politico italiano. E’ anche per questo che è cambiato l’atteggiamento verso il referendum dei diversi partiti politici. E se Berlusconi prima era per il SI poi dopo il ricatto della Lega di questi giorni è per non fare campagna referendaria. Di Pietro, prima ha raccolto le firme, adesso è per il NO perché il passaggio del referendum, secondo lui, darebbe uno potere straordinario a Berlusconi che con il 35% dei consensi avrebbe il 55% dei parlamentari.
L’Udc si astiene, mentre Fini è per il SI.
Inutile negare che sarà difficile raggiungere il quorum del 50% + 1 degli aventi diritto. E comunque il problema di avere una nuova legge elettorale rimane aperto e irrisolto, mentre il Pd non è ancora unito su una chiara proposta di nuova legge elettorale.
4. A partire dal referendum la necessità di definire una nuova identità politica del Pd nel sistema politico italiano e delle sue alleanze ci viene anche dall’analisi del voto del 6-7 giugno e dei suoi flussi elettorali. Oggi il Pd è al 26,1% contro il 33,3% delle politiche dell’aprile 2008; con 8 milioni di voti oggi, mentre nel 2008 erano12 milioni. Un dato pesante come un macigno quello della perdita di oltre 4 milioni di voti che pone molti interrogativi e chiede altrettante risposte.
Dall’analisi abbastanza attendibile dei flussi nazionali in entrata e in uscita dal Pd emerge che ben 800.000 voti sono andati all’Italia dei Valori, 550.000 a Rifondazione Comunista e Comunisti, 550.000 a Sinistra e Libertà. Ma ben 2.250.000 sono gli astenuti. In uscita dal Pd 850.000 sono andati ad altri partiti e ben pochi sono rientrati nel Pd una cifra intorno ai 900.000. Analogo processo ha investito il Popolo della Libertà con 2.400.000 astenuti, 500.000 all’Udc, 400.000 alla Lega Nord, 400.000 all’Autonomia, 600.000 ad altri partiti. Anche il Popolo della Libertà dai 13.600.000 del 2008 passa ai 10.800.000 del 2009 ed ottiene il 35%, al di là delle ottimistiche previsioni berlusconiane.
Questi dati dei flussi in uscita dal Pd e in particolare i risultati di Idv, Udc, Sinistra e Libertà e Rifondazione Comunista, anche se alle europee la legge elettorale è proporzionale, ci dicono che il sistema bipolare italiano con difficoltà assumerà una connotazione nettamente bipartitica.
Si pone quindi il tema di una nuova politica delle alleanze se vogliamo realmente tornare a governare. E allora se non è riproponibile la vecchia Unione di centrosinistra, troppo ampia e litigiosa, si deve lavorare comunque ad aggregazioni riformisticamente credibili in tempi brevi. D’altronde al di là delle vicende politiche e personali di Berlusconi, dopo un anno di governo, il risultato del 35% del Pdl non è un grande risultato. E non lo è soprattutto perché non sarà facile invertire la tendenza del declino nel rapporto di fiducia tra l’azione del governo e l’opinione pubblica. La caduta della credibilità internazionale, la crisi economica, l’insofferenza degli ex An, la vittoria della Lega, ormai al 10% sono elementi che possono nel medio periodo aprire una crisi nella maggioranza di centrodestra. Questa situazione è d’altronde verificabile in Parlamento con i ripetuti voti di fiducia richiesti dal centrodestra sui diversi provvedimenti presi. Si tratta allora di iniziare a lavorare per costruire un’ alternativa, al centrodestra di Berlusconi che è più fragile di quanto appaia. Quindi, se l’esperienza dell’Unione è tramontata, e se l’autosufficienza del Pd non è riproponibile occorre avanzare una nuova idea, un nuovo progetto di un centrosinistra riformista e deve essere questo il tema centrale del Congresso del Pd.

5. Veniamo ora al voto in Umbria. Le tendenze elettorali che riscontriamo nella regione sono quelle tipiche nazionali, non c’è come spesso si è sostenuto, una specificità umbra nel voto.
Anche in Umbria le elezioni europee e amministrative del 6 e 7 giugno 2009 hanno visto una sensibile riduzione della partecipazione al voto rispetto alle politiche del 2008, ma anche rispetto alle precedenti elezioni del 2004.
Nel 2008 la percentuale dei votanti era stata del 84,1%, contro il 77,9% delle Europee e il 76% delle provinciali del 2009. 
Anche rispetto alle precedenti amministrative ed europee l'affluenza è in calo: nel 2004 aveva votato l’80,4% alle europee e il 78,9 alle provinciali.
In termini assoluti si tratta di un calo di oltre 60.000 voti sulle politiche 2008 e di oltre 80.000 voti su europee e provinciali 2004.
Questa rilevante crescita dell'astensionismo ha penalizzato in larga parte il Pd e lo stesso Pdl.
Ma l'elettorato della destra, Pdl in testa, è risultato più motivato alla partecipazione, riducendo così una perdita di voti rispetto alle politiche. I giornali e i commenti si sono molto concentrati sul sorpasso del Pdl in Umbria sul Pd. E’ stato presentato non senza forzature, come un evento e un fatto storico comparandolo con la sfida tra la Dc e il Pci di un tempo. Oggi la situazione è molto diversa per la nascita del Pd del Pdl, come alleanza tra Forza Italia, Alleanza Nazionale e altre componenti. Ma comunque l’evento della portata politica e psicologica non va sottovalutato, è un serio ulteriore allarme e pur tuttavia vanno letti attentamente i dati elettorali.
Il Pdl in Umbria era nel 2008 alle politiche al 34,45% con 194.000 voti ed oggi è al 35,7% con 183.000 voti, mentre nel 2004 Uniti nell’Ulivo era al 35,8% con 184.000 voti. 
Il Partito Democratico era nel 2008 in Umbria al 44,3% con 250.000 voti e oggi al 33,9% con 173.000 voti mentre nel 2004 era 35,6% con 183.000 voti.
Ma se il 6-7 giugno scorso la somma dei voti alle provinciali di Perugia e Terni, il Pdl è al 32,3% con 155.580 voti, lo stesso giorno, il 6-7 giugno, il Pd alle provinciali di Perugia e Terni è al 34,2% con 164.497 voti.
Alle provinciali di Perugia poi l’Idv ottiene il 5,88% con 20.872 voti; Sinistra e Libertà il 5,57% con 19.781 voti; Rifondazione Comunista 5,07% con 17.996 voti.
Analogo risultato a Terni l’Idv ottiene il 4,73% con 6.005 voti; Sinistra e Libertà il 5,98% con 7.595 voti; Rifondazione Comunista 7,24% con 9.184 voti.
L’analisi del voto alle provinciali di Perugia e Terni può risultare molto utile in vista della prossime elezioni regionali e può portare ad una potenziale coalizione con il Pd al 34,2% e 164.497 voti; l’Idv ottiene il 5,5% con 26.877 voti; Sinistra e Libertà il 5,6% con 27.376 voti; Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani 8% con 38.584 voti.
E per tornare alla questione del sorpasso di quest’anno alle europee in Umbria il fatto si può spiegare in primo luogo con una maggiore capacità di tenuta e mobilitazione del voto, mentre appare ridotto il flusso di voti da un'area politica all'altra, se non all'interno dello stesso schieramento. Si assiste ad un ritorno di molti elettori del centro sinistra alle formazioni politiche della sinistra assieme al crescente consenso dell'Idv.
Una prima analisi dei flussi, che dovrà trovare il conforto di una più approfondita lettura del voto, da tenere in un apposito seminario di studi che organizzeremo dopo i ballottaggi, fotografa una difficoltà del Pd che non si discosta, come già detto, dalla situazione nazionale.
Se a livello nazionale la percentuale degli elettori che conferma il voto al Pd è del 58% pari a 7.100.000 sui 12.100.000 delle politiche, in Umbria tale percentuale si attesta al 61,6% pari a 154.000 voti circa sui 250.000 dello scorso anno.
6. Il Pd in Umbria tra il 2008 e il 2009 perde più di 45.000 voti che vanno nell'astensione, mentre il recupero di voti dall'astensione è assai contenuto, non più di 5.000. Il bilancio è preoccupante proprio perché 40.000 elettori del Pd che lo scorso anno avevano dato una forte apertura di credito al progetto del Pd, oggi sono, per varie ragioni, da meglio investigare e puntualizzare, delusi e demotivati, al punto da disertare le urne.
Questo dato è la fotografia della difficoltà del Pd, della sua incerta fisionomia politica, della esile struttura organizzata, delle continue tensioni nel gruppo dirigente, della perdita di credibilità del profilo riformista e innovatore anche delle nostre amministrazioni.
Non meno rilevante è il flusso di ritorno verso gli alleati della sinistra di quanti lo scorso anno vollero contribuire con il loro voto all'unica possibile alternativa alla destra, scegliendo il “voto utile”al Pd. Oltre 10.000 voti vanno a Rifondazione e oltre 10.000 voti a Sinistra e libertà e solo una esigua quantità segue il flusso inverso.
All'Italia dei Valori vanno oltre 15.000 voti in uscita dal nostro elettorato, ma oltre 5.000 che lo scorso anno scelsero l'Idv oggi le preferiscono il Pd: il saldo premia comunque il partito di Di Pietro che si conferma capace di intercettare un parte degli elettori più sensibili ad un'ostentata e spesso strumentale intransigenza antiberlusconiana.
Infine il quadro dei corposi flussi in uscita dal Pd si completa con la presenza nella competizione europea della lista dei Radicali, che raccolgono un voto di opinione tradizionalmente solido alle elezioni europee, 12.000 circa quest'anno, 9000 nel 2004.
Il passaggio degli elettori Pd verso i partiti della destra o del centrodestra, Udc, Lega, Pdl e altri appare modesto, sia in uscita che in entrata, ma in questo caso occorrerà un'ulteriore approfondita analisi in particolare per quello che concerne il nuovo insediamento che sta conquistando la Lega in alcuni territori di confine della nostra regione, sia nell'Alto Tevere che sulla dorsale appenninica. 
7. In sintesi il Pd perde oggi sulle politiche 2008 oltre 76.000 voti, mentre rispetto alle precedenti europee l'emorragia di consensi è assai più ridotta seppur consistente. Il Pd prende 11.000 voti in meno di Uniti nell'Ulivo con una perdita di circa il 2%, dal 35,9 al 33,9%.
Dal confronto con le precedenti europee si evidenzia la crescita della Lega Nord che passa da 3.000 voti circa a oltre 18.000, mentre è di poco superiore il consenso dell'Udc che passa da 22.000 a 26.000, infine la Pdl cresce rispetto alla somma di Forza Italia e AN, di oltre 20.000 voti, ma perde rispetto allo scorso anno più di 10.000 voti, a conferma di una capacità inedita di mobilitazione del loro elettorato, ma di una marginale o nulla espansione elettorale.
Il Pdl paga un prezzo minore all'astensione, subisce anche in Umbria l'aggressione della Lega, seppur più ridotta, ma complessivamente non vede aumentare la propria base elettorale.
Nelle elezioni provinciali il dato delle europee è immediatamente ribaltato: il Pd torna primo partito della regione, con 164.497 voti pari al 34,2% contro i 155.580 voti della Pdl, pari al 32,3%.
In Provincia di Perugia Guasticchi batte Asciutti con uno scarto del 16% con il 52,89% contro il 36,22%, 196.385 voti contro 134.700. Ma se si sommano ai voti di Asciutti il risultato di Ronconi del 6,17% pari a 22927 e di Fagiolari del 2% pari a 7542 voti, l'area del centro destra arriva a 165.169 voti, pari al 44,5%. Comunque nelle provinciali del 2004 il vantaggio del centro sinistra era molto più consistente, 64% contro il 32%, 246.000 contro 124.000.
In Provincia di Terni la situazione è analoga. Polli vince con il 52,85%, 71.017 voti, contro il 36,32 di De Sio pari a 48814 voti. L'area del centrodestra con De Sio più D'Antonio 4,20%, 5.656 voti e Tracchegiani, 2,43%, 3.267 voti, arriva al 43% pari a 57.737 voti. Nelle Provinciali del 2004 Cavicchioli batteva Maggiolini con il 65% pari a 90334 voti, contro il 32% e 44.457 voti dell'avversario.
Questo dato evidenzia una difficoltà che ha colpito il centro sinistra su tutto il territorio nazionale, ed in Umbria siamo riusciti ad arginare evitando i ballottaggi alle Province, ma che dovremo investigare meglio, perché evidenzia una criticità che investe la nostra stessa capacità di governo.
Inoltre va valutato anche il dato secondo cui il confronto tra i voti del Pd e la somma dei voti di Ds e Margherita è negativo: 164.497 voti e il 34,2% contro 208.168 voti pari al 36,8%, un calo di 43.671 voti. Un dato che è macroscopico. 
Oltre a disperdere il voto nella frammentazione, il centrodestra paga anche un recupero di consensi del centro sinistra rispetto al voto europeo. La somma di Pdl più Lega alle europee pari a 148.707 voti, 39,3%, è superiore sia al risultato di Asciutti, 134.700, 36,2%, che ovviamente alla somma delle due liste provinciali, 126.969 voti e il 35,8%. 
Asciutti prende 7.731 voti più delle liste. La Pdl perde circa 14.000 voti a vantaggio delle altre liste di centro destra e a vantaggio del centro sinistra. Ronconi rosicchia circa 1.000 voti, Fagiolari più di 5.000.
8. Il centro sinistra passa da 186.441 voti, 49%, della somma delle liste delle europee, ai 196385 voti di Guasticchi, 52,9% e 189.930 voti delle liste, 53,56%. Guasticchi prende 6.455 voti più delle liste mentre il centrosinistra guadagna circa 9.000 voti.
Nello stesso giorno quindi un numero consistente di elettori hanno scelto alle elezioni amministrative il centro sinistra nonostante il loro voto al Pdl nelle europee.
Di fronte a questi dati il voto alla Provincia e nei Comuni ci ha consentito la vittoria al primo turno anche per una composizione ampia e plurale della coalizione che va dal Pd all’Idv a Sinistra e Libertà a Rifondazione, ad alcune Liste Civiche e le liste di alcuni Candidati Sindaci. Si è manifestata una evidente “risorsa coalizionale” che non è stato facile realizzare. Tutto ciò è un patrimonio che non va disperso. La risorsa elettorale della coalizione è stata importante anche nei Comuni sotto i 15.000 abitanti, come Magione, Città delle Pieve, Citerna, Spello alcuni fra i tanti.
All’ interno del voto alle coalizioni va analizzato il dato sul voto disgiunto e in particolare tra il voto al Sindaco e quello alla coalizione o ai partiti della coalizione. Dall’analisi nei 10 Comuni sopra i 15.000 abitanti emergono alcuni dati e cioè ad Orvieto ottiene un - 6% il Candidato Sindaco sulla coalizione al 54%, mentre Loriana Stella è al 48% circa; a Bastia Umbra un - 3%; a Gualdo Tadino - 5%; a Marsciano - 3%; a Terni - 2,0% ; a Spoleto - 2%; a Perugia - 1,5%; a Foligno - 2,5%; a Umbertide - 1%; a Corciano - 0,3% .
Naturalmente questi dati valutati solo in percentuale e non in valore assoluto tra il voto al Sindaco e alla coalizione danno solo parzialmente il quadro delle caratteristiche del voto anche perché molti elettori hanno votato solo per il Sindaco. Il 2% di differenza tra i voti al Sindaco e quelli alla coalizione sono un dato fisiologico per la capacità espansiva della nostra coalizione, soprattutto nelle regioni cosiddette rosse. Una differenza maggiore ha altre spiegazioni legate alle caratteristiche del voto disgiunto molto spesso conseguenza di scontri personali e politici e rancori accumulatisi nelle elezioni primarie come è il caso di Orvieto con un - 6% il dato più eclatante in Umbria.
9. Permettetemi ora qualche considerazione sul lavoro di questi mesi, almeno per quanto riguarda il partito della Provincia di Perugia, dove abbiamo dovuto esercitare una direzione politica tesa principalmente, se non esclusivamente, a limitare i danni. Capisco che lavorare per limitare i danni politici ed elettorali non è una grande politica, ma così e stato!!! Ci siamo trovati di fronte ad un partito senza un gruppo dirigente sufficientemente unitario e coeso, senza una sufficiente consapevolezza della funzione riformatrice e innovativa che dovevamo invece svolgere. Di fronte a tutto ciò in questi mesi preelettorali siamo stati costretti a lavorare per limitare una diffusione indiscriminata delle elezioni primarie per la scelta dei Candidati – Sindaci mentre era evidente che avrebbe portato a conflitti e rancori difficilmente superabili; siamo stati costretti a contrastare le tante e diffuse tendenze all’autosufficienza, a fare da soli, a limitare l’apporto delle varie forze politiche della coalizione che è risultata invece una delle carte vincenti; siamo stati costretti a lavorare per rendere consapevoli tanti autorevoli esponenti del gruppo dirigente del partito che non ci si poteva dividere in questo o quel comune, su questa o quella candidatura a Sindaco.
Aver lavorato per limitare i danni non ci ha naturalmente consentito di lavorare per promuovere adeguatamente una nuova e giovane classe dirigente del partito. Quella di oggi coltiva sempre di più forti ambizioni amministrative nel governo locale, ma scarsissima attenzione per il lavoro di costruzione del Pd, della sua identità politica e programmatica, e non è certo attratta dalla direzione politica e organizzativa. Basti pensare che quasi tutti i Segretari del Pd delle città più importanti dell’Umbria si sono candidati o sono stati candidati nei Comuni e alle Provincie quando sarebbe stato invece utile, oggi più che mai una forte e chiara reciproca autonomia tra incarichi nel partito e nelle istituzioni. Detto questo è stata eletta una nuova generazioni di giovani consiglieri che è una risorsa, ma che va resa ben cosciente che governare non significa solo amministrare. Serve una nuova classe dirigente politica e amministrativa radicata nel territorio e nel partito. 
Occorre quindi cambiare, sia nel partito che nelle istituzioni che governiamo. Nelle istituzioni locali e regionali abbiamo assistito e assistiamo spesso, anche se non dappertutto ad una stanca gestione dell’azione di governo. Logiche puramente burocratiche o amministrativistiche prevalgono su scelte politiche a medio o lungo periodo. L’incertezza sulle principali decisioni da prendere in chiave riformatrice e innovatrice lasciano il passo alla politica del rinvio. E il tutto molto spesso avviene in una crescente distanza tra i cittadini, gli esecutivi e le istituzioni. Occorre quindi cambiare passo e prospettive come d’altronde dovevamo già aver capito, ma il voto di sabato e domenica credo che ce lo abbia abbondantemente ricordato. Naturalmente questo insieme di valutazioni che ho ora solo accennato dovranno costituire argomento di seria e documentata riflessione. Dopo i ballottaggi e dopo la Direzione nazionale del Pd del 26 giugno. E come ognuno di noi anch’io naturalmente riconsidererò ruolo, funzione e responsabilità nel Partito Democratico.
10. Detto questo ora veniamo ai ballottaggi. E’ la prima volta che in Umbria sono così tanti e già questo è naturalmente un dato politico. Nel 1993 a Terni, poi Gubbio, Spoleto, Città di Castello, Gualdo Tadino, e infine Todi, ma separatamente. Sono sempre state sfide complesse e perse a Terni, Gubbio, Todi. Si combatte uno contro uno. L’elettorato si riduce quasi sempre e poi dipende molto da come ci si arriva al ballottaggio, in termini di percentuali elettorali e di organizzazione e coesione delle coalizioni.
Non possiamo non sottolineare che in 3 su 4 o 4 su 6 Comuni in Umbria, che vanno il 21-22 giugno al ballottaggio, e cioè a Gualdo Tadino, Bastia Umbra, Marsciano e Orvieto si sono tenute le elezioni primarie per la scelta del Candidato – Sindaco con una successiva difficoltà ad unire il Pd e costruire la coalizione di fronte a rancori, personalismi, divisioni.
Le elezioni primarie hanno lasciato un segno particolarmente negativo anche perché non c’è ancora una cultura democratica adeguata. Le elezioni primarie guardandole oggi sono state il sintomo e la causa di risultati elettorali deludenti, da Firenze a Bologna (dove si sono tenute con peraltro una scarsa affluenza) come a Gualdo Tadino, Marsciano, Bastia Umbra, Orvieto. Ed anche la presenza di problemi di partito amministrativi esistenti ben prima delle elezioni.
In questi giorni abbiamo tenuto incontri e riunioni nei Comuni chiamati al ballottaggio e abbiamo proposto almeno quattro cose da fare subito:
- riportare a votare i cittadini del primo turno e lavorare sulla massa di notevole astensionismo;
- presentare squadre di governo per allargare l’area del consenso;
- lavorare per acquisire i consensi dei candidati nelle liste dei partiti non andati al ballottaggio; 
- evitare gli apparentamenti che spesso richiedono impegni sugli eletti in Consiglio Comunale e non garantiscono alcun trasferimento di voti.

Naturalmente ci sono situazioni diverse in ognuno dei 4 Comuni con gradi diversi di difficoltà.
A Spoleto ci sono duemila voti di scarto tra Benedetti e Loretoni e varie liste con una qualche consistenza. Non bisogna fare del facile ottimismo, ma occorre lavorare seriamente e unitariamente per riportare al voto e vincere senza apparentamenti troppo vincolanti e poco produttivi elettoralmente.
A Marsciano la mancanza al ballottaggio del rappresentante del centrodestra riapre un conflitto interno al centrosinistra già vistosi alle primarie preelettorali. Teoricamente ci sono tremila voti di scarto tra Todini e Ranieri sostenuto da Rifondazione Comunista e altre componenti del centrosinistra, ma è certamente una nuova elezione con delle incognite tipo quelle già viste a Gubbio qualche anno fa.
A Bastia Umbra il candidato Sindaco del centrosinistra Criscuolo arriva al ballottaggio con cinquecento voti in meno di Ansideri, ma anche qui le primarie hanno creato divisioni e conflitti che è utile e necessario ricomporre, riportando naturalmente a votare tutti gli elettori.
A Gualdo Tadino, Scassellati e Morroni vanno al ballottaggio con quasi gli stessi voti e la particolarità è data dalla lista con Candidato Sindaco Monacelli che ha raccolto quasi 3.000 voti. L’apparentamento di Monacelli con Morroni deve indurci a uno straordinario lavoro di mobilitazione per cercare di tornare a vincere.
11. Detto questo sui ballottaggi vengo all’ultima questione riguardante gli eletti e i criteri guida per la formazione degli esecutivi nei Comuni e alla Provincia.
Io ritengo che il partito debba garantire il diritto dovere dei Sindaci e Presidenti di poter scegliere in autonomia gli esecutivi e quindi assumersi direttamente la responsabilità delle decisioni. 
E’ un criterio sacrosanto al quale credo dobbiamo attenerci. Il partito può solo chiedere il rispetto del criterio della onestà, competenza politico amministrativa, rappresentanza politica e territoriale, la rappresentanza delle forze di coalizione e la rappresentanza di genere.
Credo che sempre di più si debba riportare autonomia tra partito e istituzioni. Un altro elemento da sottolineare è quello di proporre a Sindaci e Presidenti una rinnovamento radicale degli esecutivi almeno per il Sindaci e i Presidenti, eletti per la prima volta. 
Così d’altronde ci ha richiesto la grande maggioranza dei consultati per la scelta del Candidato Presidente della Provincia di Perugia.
12. Per quanto riguarda poi la mancata elezione del candidato umbro alle Elezioni europee, data la forte esposizione mediatica di alcune polemiche, vorrei ricordare che Catiuscia Marini ha raccolto il Umbria 37.799 preferenze. Davide Sassoli capolista 21.211. Marini e Sassoli come è naturale, e cioè il candidato umbro e il capolista sono stati portati nelle organizzazioni del partito in Umbria per la ricerca delle preferenze.
Tutti gli altri candidati nella lista della Circoscrizione dell’Italia centrale hanno raccolto insieme nemmeno 10.000 preferenze. C’è stata quindi una sostanziale correttezza del Pd in Umbria e la candidata non è stata abbandonata. La verità è poi che essendo la Marini con 64.000 preferenze arrivata la prima dei non eletti a più di 15.000 preferenze, dall’ultimo degli eletti, era ben difficile raggiungere l’obiettivo dell’entrata in Parlamento con il solo voto umbro. In più c’è da aggiungere che il partito del 2004 anche in Umbria è diverso da quello di oggi e l’astensionismo così forte di oggi ha finito con l’influire anche sulla attribuzione delle preferenze.
Detto questo, per concludere, vorrei risottolineare come pur in un contesto non certo esaltante in Italia, in Umbria invece con la vittoria nei ballottaggi potremmo consolidare un risultato non certo negativo per il Pd e per il centrosinistra.

 

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