Venerdì 20 Maggio 2005
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"L'obietto era la pacificazione (prima parte)"
"Audizione del senatore a vita Giulio Andreotti alla Commissione Bicamerale sui Crimini nazifascisti"   sdgdfg

di Alberto Stramaccioni

Il 16, 17 e 23 febbraio il Senatore a vita, più volte ministro e Presidente del consiglio, Giulio Andreotti, è stato ascoltato dai membri della Commissione Bicamerale che indaga sulle “cause dell’occultamento dei fascicoli relativi a crimini nazifascisti”. La Commissione Parlamentare di inchiesta istituita nel maggio 2003, (dopo che nella precedente legislatura sulla questione dell’occultamento dei crimini nazifascisti era stata svolta un’importante indagine conoscitiva), si è resa necessaria per indagare sulle “archiviazioni provvisorie” (decisione arbitraria e non prevista dal codice) di 695 fascicoli conservati nel cosiddetto “armadio della vergogna” rinvenuto nel 1994 a Palazzo Cesi sede della Magistratura Militare. Fascicoli che rappresentavano solo una parte dei crimini commessi nella seconda guerra mondiale tra il ‘43 e il ‘45 dall’esercito nazista in ritirata con la diretta collaborazione dei fascisti italiani in una vera e propria “guerra ai civili”, con 2.274 eccidi secondo le istruttorie redatte da carabinieri e angloamericani che hanno provocato circa 15.000 vittime con le stragi più efferate di Marzabotto, Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Gubbio etc.. Ma la Procura Generale Militare responsabile dell’azione penale contro i responsabili degli eccidi in mezzo secolo, ha effettivamente istruito e condotto a termine solo 13 processi e pochissimi i militari tedeschi condannati.


1) Di fronte a questa situazione la Commissione Parlamentare d’inchiesta ha provveduto a ricostruire l’iter giudiziario compiuto dai fascicoli relativi ai crimini nazifascisti dal 1945 ad oggi perseguendo gli obiettivi della giustizia per i morti e per i vivi e l’esigenza di mantenere viva la memoria su tali “crimini contro l’umanità” e perciò stesso imprescrittibili. Per conseguire questo obiettivo la Commissione ha chiamato in audizione i diversi responsabili della Magistratura Militare che nei decenni si sono occupati della vicenda e nel corso degli interrogatori è uscito confermato il tentativo di occultamento che è stato messo in atto, prima del 1994, ma anche dopo. La Commissione ha pertanto inviato all’autorità giudiziaria ordinaria gli atti relativi alle audizioni svolte dai magistrati militari convinta che quest’ultima potrà accertare eventuali responsabilità penali dei diversi magistrati. 
Ma se è abbastanza documentata la responsabilità della Magistratura militare nella rinuncia a perseguire i responsabili dei crimini nazifascisti (contrario a questa tesi il Procuratore Generale militare Vindicio Bonagura), questo organo giudiziario, pur formalmente autonomo dal potere politico, non poteva non tenere conto, per le notevoli implicazioni interne e internazionali, delle valutazioni che sulla vicenda esprimeva lo stesso potere politico, rappresentato in particolare dai Presidenti del Consiglio dei ministri e dai Ministri degli Esteri e della Difesa. D’altronde non è un mistero che nell’immediato dopoguerra, ma anche negli anni successivi si è preferito far calare il silenzio su questi crimini così come su quelli commessi dall’esercito italiano tra il ’40 e il ‘45 nell’intera area balcanica. Questa scelta diventava necessaria soprattutto per favorire il pieno inserimento della Repubblica Federale tedesca all’interno dell’Alleanza Atlantica e non a caso nel 1956 sia il Ministro degli Esteri Gaetano Martino che quello della Difesa Paolo Emilio Taviani si opposero all’estradizione degli ufficiali tedeschi responsabili degli eccidi avvenuti nell’autunno 1943 nell’isola di Cefalonia. Contestualmente lo stesso governo De Gasperi nel 1948 si rifiutava di consegnare agli Jugoslavi i criminali di guerra italiani responsabili di gravi eccidi e massacri in Slovenia e Croazia.
2) In questo contesto la Commissione parlamentare d’inchiesta, volendo individuare le diverse responsabilità politiche per i mancati processi ai criminali di guerra ha voluto ascoltare il Senatore a vita Giulio Andreotti in riferimento all’atteggiamento del governo De Gasperi (di cui Andreotti era divenuto sottosegretario alla presidenza del Consiglio a partire dal 31 maggio 1947) di fronte alla richiesta di processare presunti criminali di guerra italiani, così come richiesto fin dal luglio 1945 da paesi ex nemici come l’Unione Sovietica, la Jugoslavia, la Gran Bretagna, la Grecia, l’Albania, l’Etiopia. Di fronte a queste richieste nessuno degli italiani denunciati dagli stati esteri fu consegnato nelle loro mani e per di più nessuno di loro fu mai processato e condannato in Italia per i delitti a loro imputati. Con questo atteggiamento dei governanti italiani era ben difficile pretendere, (ammesso che ne fosse stata fatta richiesta dalla magistratura militare italiana), dal Governo della Repubblica Federale tedesca l’estradizione dei criminali nazisti. Purtuttavia era ed è un diritto dovere è un obbligo istituzionale della Commissione Parlamentare d’inchiesta indagare sulle responsabilità politiche e quindi ascoltare il senatore Andreotti proprio perché lo stesso a nome e per conto del presidente Alcide De Gasperi in un documento d’archivio del 16 maggio 1948 sosteneva che: “a seguito dell’attività della commissione interministeriale in merito alle richieste Jugoslave di consegna di presunti criminali di guerra italiani sembrerebbe opportuno mantenere atteggiamento temporeggiante evitando di rispondere alla Jugoslavia sulle richieste singole e cercando di impostare sempre più il problema sia nei confronti degli Jugoslavi che in quelli degli alleati, … in condizioni di tempo e di ambiente meno suscettibili di inconvenienti d’ordine sia interno che internazionale”. Di fronte a questa decisione chiamato in causa dai commissari in audizione, il senatore Andreotti non ha mancato di confermare e motivare questa scelta compiuta da De Gasperi e dal Governo proprio perché in quel periodo, in un clima internazionale dominato dalla crescente guerra fredda l’obiettivo principale dei nostri governanti, secondo Andreotti, era la “pacificazione nazionale” e per questo si è finito con il sacrificare il bisogno di verità e di giustizia anche per le vittime dei crimini nazifascisti. 
L’audizione con il senatore Andreotti è comunque proseguita per tre sedute, proprio perché nel corso della sua lunga esperienza governativa (dal 1947 al 1992), per ben sette volte Presidente del consiglio è stato responsabile di ministeri chiave per l’inchiesta della Commissione, come quelli della Difesa e degli Esteri. Il confronto con il senatore Andreotti si è quindi sviluppato su diverse vicende accadute nel corso dei decenni in cui si è realizzato l’occultamento dei fascicoli, ma i commissari hanno particolarmente insistito su un’altra delicata questione, che ha caratterizzato e condizionato l’intera storia della Repubblica italiana e che ha delle radici profonde nella vicenda dell’impunità relativa ai crimini nazifascisti. Infatti anche secondo il Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta, l’esponente dell’Udc Flavio Tanzilli, che recentemente ha subito ben due attentati, in una intervista rilasciata a Panorama il 3/2 /2005 ha sostenuto che: “subito dopo la guerra, in qualche caso addirittura a guerra ancora in corso, molti ex repubblichini potrebbero essere stati reclutati dai servizi segreti angloamericani e poi inserti nei ranghi dei servizi segreti italiani. Ho motivo di ritenere che tra loro ci fossero anche gli autori delle stragi, sul mondo stava calando la cortina di ferro e il nuovo nemico era il comunismo”.
Quindi anche secondo il Presidente Tanzilli l’impunità per i criminali nazisti e per coloro che con essi collaborarono attivamente nella “guerra ai civili” tra il 1943-45 come gli aderenti fascisti alla Repubblica Sociale Italiana, produsse delle importanti conseguenze sulla più generale organizzazione del nuovo Stato italiano.

 

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