Venerdì 07 Maggio 2004
Hits

"Garibaldi e il garibaldinismo"
"E' stata inaugurata ad Umbertide L'Associazione garibaldina"    scesec

di Alberto Stramaccioni

Riportiamo di seguito una sintesi della relazione sul tema “Garibaldi e il garibaldinismo” svolta da Alberto Stramaccioni il 1 maggio al Teatro dei Riuniti di Umbertide per l’inaugurazione dell’Associazione dei garibaldini.


Parlare del rapporto tra Giuseppe Garibaldi e il garibaldinismo significa ripercorrere sia pure in modo sintetico la storia degli ultimi due secoli. Fondamentale è naturalmente il ruolo che il personaggio Garibaldi ricoprì durante i suoi 75 anni di vita con l’incessante, appassionata e disinteressata azione politica e militare. Il garibaldinismo e la tradizione garibaldina si sviluppò per tutto il novecento caratterizzandosi come battaglia per la libertà, l’indipendenza e la giustizia sociale in diverse parti dell’Italia, dell’Europa e del mondo.
1. Garibaldi, inutile dirlo, è uno dei personaggi italiani più noti e stimati in tutto il pianeta. Non era un pensatore politico, era un democratico, né liberale, né socialista, un repubblicano, un mazziniano, che è passato alla storia soprattutto per le sue 
azioni militari che hanno avuto un notevole valore politico in particolare in tutta la storia del Risorgimento italiano. Militante della causa dell’indipendenza e della libertà combatte a più riprese in Brasile e in Uruguay, ma nel 1848-49 tornò in Italia per partecipare alla difesa della Repubblica Romana contro i Francesi alleati di papa Pio IX. Nel 1859-60 nonostante la sua fede repubblicana sostenne la causa della monarchia sabauda per l’unità e l’indipendenza dell’Italia, partecipando alla seconda guerra d’Indipendenza. Nel 1860 compie la oramai famosa “spedizione dei Mille” liberando l’intera Italia del sud dalla presenza borbonica, arrivando per questo a diventare uno dei condottieri più noti in Europa e in particolare in Inghilterra e in America, dove Abramo Lincoln gli propose addirittura di guidare l’esercito nordista.
Raggiunta l’unità d’Italia (ad eccezione di Roma e del Veneto) ritiene doveroso battersi con spirito unitario, ma anche anticlericale, per la conquista della capitale d’Italia e si pone alla testa di diversi gruppi di volontari e nel 1862 ad Aspromonte, nel 1866 a Bezzecca e poi nel 1867 a Mentana cerca di battere l’esercito pontificio e i suoi alleati. Battaglie che non conseguono l’obiettivo, ma inducono il Re e i suoi governi ad impegnarsi per la liberazione di Roma nel 1870.
Nel 1871 partecipa alla sua ultima impresa bellica combattendo per i Francesi nella guerra franco- prussiana.
Conclusasi la sua esperienza politica e militare trascorre l’ultimo decennio della sua 
vita a Caprera e come Senatore del Regno partecipa a pochi dibattiti parlamentari e in
particolare ad alcune discussioni sulla navigazione del Tevere e sulla concessione della pensione ai suoi garibaldini. Erano parecchie migliaia di combattenti in un esercito di volontari, molto spesso emarginati dalle formazioni militari regolari, ai quali Garibaldi si sentì sempre molto legato.
2. Dalla sua morte inizia quella che viene definita la tradizione garibaldina con il rafforzamento del mito di Garibaldi delle sue gesta e di quelle dei suoi volontari in camicia rossa.
Pubblicazioni, monumenti , foto contribuiscono alla fine dell’800 a fare di Garibaldi 
assieme a Vittorio Emanuele II, Camillo Cavour e Giuseppe Mazzini uno dei quattro grandi padri della Patria.
Ma il mito di Garibaldi e dei garibaldini viene sostenuto e sviluppato anche dalle azioni militari che in suo nome organizzano con migliaia di volontari i figli Menotti e Ricciotti e i suoi numerosi nipoti Bruno, Ezio, Costante, Sante, Ricciotti junior e Giuseppe detto Peppino. 
La prima azione militare che contribuì a sviluppare la tradizione garibaldina fu certamente la spedizione di Candia, un’isola del mar Egeo dove nel 1897 centinaia di garibaldini guidati da Menotti Garibaldi e Annibale Cipriani combatterono contro i Turchi per l’indipendenza della Grecia.
Particolarmente significativa fu poi l’azione dei garibaldini nella prima guerra mondiale, organizzati nella legione straniera, combatterono nelle Argonne e si scontrarono con l’esercito tedesco. Bruno e Costante nipoti di Garibaldi morirono in una guerra che i garibaldini consideravano una specie di “quarta guerra di indipendenza nazionale”.
Durante il ventennio fascista Garibaldi fu considerato da Benito Mussolini il principale e più amato protagonista del Risorgimento “ un esempio da seguire” e lo stesso duce individuava una certa continuità tra l’opera delle “camice rosse” dei garibaldini e le “camice nere” dei fascisti. E non è un caso che uno dei nipoti di Garibaldi, Ezio, divenne un importante rappresentante del regime fascista.
La tradizione e il mito Garibaldi vissero anche nel corso della guerra civile spagnola 
con le brigate Garibaldi che combatterono al fianco dei Repubblicani contro i Franchisti e successivamente nella Resistenza italiana e francese dove si distinse un altro dei nipoti di Garibaldi, Peppino.
Significativo è poi l’uso che dell’immagine di Garibaldi viene fatto nella campagna elettorale del 1948, da parte del Fronte Popolare costituito dai socialisti e dai comunisti. Il suo volto fu scelto come simbolo del Fronte e in questa occasione la figlia di Garibaldi, Clelia, diede indicazione di votare per il Partito Repubblicano.
Nel secondo dopoguerra Garibaldi e il mito dei garibaldini è stato oggetto di ricerche storiche e commemorazioni in tutto il mondo. Spesso le organizzazioni massoniche, di cui fu uno dei più autorevoli animatori, hanno sottolineato e tuttora sottolineano l’importanza dei suoi ideali e della sua opera politica e militare nell’intera storia italiana e mondiale.

 

Video

Chi è online

 6 visitatori online
Tot. visite contenuti : 594705



Powered by Joomla!. Designed by: joomla templates vps hosting Valid XHTML and CSS.