Martedì 11 Febbraio 2003
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"I Ministeriali dell'Umbria"
"Dal 1870 al 1900, le prime dieci legislature del Parlamento italiano"   svsev

di Alberto Stramaccioni

Così venivano chiamati quei deputati che sostenevano sempre e comunque i diversi governi e tra questi c'erano quasi tutti i Parlamentari della Provincia dell'Umbria. Appoggiarono tutti e ventiquattro i governi di "destra" o di "sinistra" che si succedettero, per convinzione e nell'interesse dello sviluppo dell'Umbria



Con la breccia di Porta Pia, simbolo della liberazione di Roma dal potere papale, il 20 settembre 1870 si apre una nuova fase anche per la vita parlamentare italiana. Non solo perché la sede della Camera dei Deputati e dei Senatori viene trasferita da Firenze a Roma, ma perché, con l’Italia ormai unita (pur in presenza delle rivendicazioni per Trento e Trieste) prosegue e si intensifica notevolmente l’opera di costruzione della nuova nazione italiana, sia sul piano economico e sociale che su quello politico ed istituzionale.
Già nel primo decennio di vita parlamentare dal 1861 al 1870 (quando ancora si dovevano liberare Roma e Venezia) si erano compiuti decisivi passi in avanti verso il superamento della drammatica arretratezza di una penisola per secoli divisa in tanti e diversi stati, con un notevole analfabetismo, pari all’ottanta per cento della popolazione, senza una lingua unificante, priva di importanti vie di comunicazioni stradali e ferroviarie e con una agricoltura molto povera soprattutto al sud, un commercio parzialmente sviluppato e una miseria diffusa. In più si trattava di costruire una dimensione politico amministrativa unitaria nazionale, oltre la funzione esercitata dai Sindaci, dai prefetti e dalle prefetture, terminali locali di un governo nazionale particolarmente accentrato, ma scarsamente efficiente ed attento alle esigenze delle città e dei territori.
Il nuovo parlamento italiano è quindi chiamato ad affrontare un insieme di problemi legati alla costruzione della nuova nazione che impegneranno direttamente ogni deputato, chiamandolo alla personale e diretta responsabilità della rappresentanza e della scelta sulle diverse questioni, in assenza di partiti o schieramenti politici ben definiti in cui riconoscersi, caratterizzati da un loro preciso programma in grado di dare coerenza e continuità alla loro azione politica di governo. Non a caso si è parlato specialmente per i primi trenta anni della vita della Camera e del Senato del realizzarsi di una specie di “dittatura del parlamento” o di “rivoluzioni parlamentari” proprio perché cambiavano rapidamente i governi fino al punto che gli esecutivi non duravano in media più di un anno, un anno e mezzo e le maggioranze parlamentari a loro sostegno nascevano e morivano su particolari atti o scelte come l'imposizione delle tasse, o provvedimenti che riguardavano gli incentivi finanziari per gli investimenti pubblici in particolare nelle ferrovie o quelli per questa o quella città, in questo o quel settore produttivo, in questo o quel collegio elettorale, ed in particolare nel sud dell’Italia.
Purtuttavia nei primi sedici anni di governo della Destra dal 1860 al 1876 si realizzò un forte risanamento finanziario, una positiva unificazione amministrativa, una efficace lotta al brigantaggio meridionale ed una sostanziale normalizzazione della vita politico-istituzionale che consentì una certa crescita economica.
Giunse però il momento in cui il rapporto tra la corona e i vari governi e tra i governi e il parlamento dovette affrontare momenti difficili, di particolare effervescenza politica, soprattutto quando proprio nel 1876 sembrò terminare quella specie di "unità risorgimentale" tra la Destra e la Sinistra e quest'ultima, che fino ad allora aveva svolto un particolare ruolo di opposizione, dette vita con Agostino Depretis a diversi governi sostenuti da una larga maggioranza parlamentare, ispirata da logiche trasformistiche, dove antichi e nuovi rappresentanti della Destra (il partito conservatore) erano insieme a quelli della Sinistra (il partito progressista). Due "partiti" molto eterogenei e particolari al cui interno spesso finivano con il prevalere gli interessi di alcuni deputati, organizzati in vere e proprie fazioni, ma ciò non arrivò a mettere in secondo piano il ruolo effettivamente svolto da una sinistra radicale e liberale che rappresentò, a partire dagli anni settanta un'opposizione incentrata su un'altra idea dell'Italia, puntando da una parte sulla questione istituzionale ed amministrativa e dall'altra sulla questione sociale e democratica, stante anche la ristrettissima possibilità di partecipazione al voto.
Purtuttavia anche se con molti limiti nella rappresentanza, le assemblee parlamentari nel 1870 erano oramai, espressione legittima della nuova nazione e contavano oltre cinquecento deputati e quasi duecento senatori. Prima del 1860, nel parlamento subalpino erano 204 deputati e 97 senatori ,e tra il 1860 e il 1861 giunsero a 387, poi a 443, successivamente a 493 ed infine a 508. La loro base elettiva rimase quasi la stessa nei tre decenni, molto limitata al punto che nel 1861 sul territorio della penisola non votarono nemmeno mezzo milione di elettori per arrivare nel 1900 a due milioni e mezzo su oltre trenta milioni di abitanti. Rimaneva precluso il diritto di voto alla larga maggioranza degli italiani, anche se le nuove leggi elettorali, in particolare quelle del 1882 e del 1892 allargarono sia pure molto lentamente il suffragio, ma solo per i cittadini maschi, alfabetizzati e con un certo reddito. 
Naturalmente nella provincia dell'Umbria si registrava un eguale andamento della rappresentanza e se nel 1861 votarono 6.710 elettori nel 1871 divennero 21.878 pari al 4,2 % della popolazione e nel 1900 arrivarono a poco più di cinquantamila, mentre le nuove leggi elettorali (con lo scrutinio di lista maggioritario per favorire il bipartitismo), modificavano il sistema della rappresentanza suddividendo in particolare tra il 1882 e il 1892 la provincia dell’Umbria in due sole circoscrizioni, Perugia I (comprendente i circondari di Perugia, Città di Castello, Orvieto e Todi) e Perugia II (comprendente Foligno, Poggio Mirteto, Rieti, Spoleto e Terni) per poi ritornare nel 1892 ai dieci vecchi collegi uninominali.
In questi trenta anni i deputati e i senatori della provincia dell’Umbria rimasero sostanzialmente espressione della stessa rappresentanza sociale, per lo più costruita dal ceto agrario e notabilare e solo verso la fine del secolo arrivarono in parlamento alcuni rappresentanti delle "professioni liberali" e della nuova e vecchia borghesia cittadina molto legata ai gruppi proprietari e alla rendita immobiliare. Tra coloro che più a lungo svolsero il mandato parlamentare e il cui nome è legato a iniziative significative per lo sviluppo dell'Umbria, vanno citati i deputati Giuseppe Bracci, Angelico Fabbri, Eugenio e Zefferino Faina, Cesare Fani, Francesco Fazi, Leopoldo Franchetti, Alceo Massarucci, Coriolano Monti, Luigi Morandi, Guido Pompili, Luigi Solidati Tiburzi. E come era già successo nel decennio precedente nei collegi dell'Umbria venivano eletti molti deputati provenienti da fuori provincia che qualche caso si occupavano dei problemi del collegio e tra questi si possono certamente citare i nomi di Augusto Lorenzini, Lorenzo Franceschini, Michele Amadei, Edoardo Pantano, Edoardo Arbib, Alessandro Centurini.
Data la rappresentanza sociale che li esprimeva la maggioranza dei parlamentari umbri si riconobbero nella politica della Destra prima del 1876 e successivamente fecero parte di quei gruppi cosiddetti "ministeriali", che sostenevano comunque quasi tutti i governi per convinzione politica, ma anche per ottenere incentivi che aiutavano lo sviluppo dell'Umbria e rafforzavano il proprio consenso nei collegi.
D'altronde se è vero che nei trenta anni di vita parlamentare, dal 1870 al 1900, l’aggregazione degli schieramenti politici al governo si può articolare in varie fasi (dal 1860 al 1876 è la Destra al potere e poi dal 1876 al 1882 gli succede la Sinistra di Depretis, mentre dal 1883 al 1892 c'è la fase più trasformistica con Crispi) è comunque necessario sottolineare che le politiche economiche e sociali nei fatti mutavano di poco da un esecutivo all'altro. 
Anche se la Destra e la Sinistra che si scomporrano e ricomporrano nei decenni, vedevano al loro interno, da una parte componenti liberali, conservatrici e monarchiche, che sostenevano politiche di protezionismo, detassazione e diritti sociali e democratici molto limitati, mentre dall'altra erano presenti componenti democratiche, repubblicane, radicali, socialiste e irredentiste che si battevano per l'allargamento del suffragio, maggiori diritti e un benessere diffuso per operai e contadini.
Le politiche della Destra e della Sinistra e delle loro diverse aggregazioni interne mutano poi in particolare negli anni novanta quando la consistente rivoluzione industriale italiana creò nuove classi e categorie sociali che chiedevano un cambiamento delle politiche nazionali in tutti i settori. Ed è per questo che alla fine del secolo si manifesta una vera e proprio crisi della rappresentanza parlamentare e del parlamento italiano, un'istituzione che per lungo tempo rimane insensibile a queste esigenze proprio perché mantiene ristretta la sua base elettiva e i nuovi protagonisti sociali si organizzano fuori dal parlamento nelle prime associazioni sindacali e nel Partito Socialista Italiano, oltrechè in altri partiti, come quello Liberale Repubblicano.
Nella Provincia dell'Umbria intanto la rappresentanza parlamentare continuava a caratterizzarsi per un deciso sostegno alle politiche governative e ciò si può dire che contribuì naturalmente assieme allo spirito di iniziativa e al lavoro degli umbri ad un certo sviluppo su tutto il territorio fino ad avviare la prima fase dell'industrializzazione della regione con il simbolico sviluppo delle Acciaierie ternane e di altre significative attività manifatturiere nel settore del tessile e alimentare nella realtà perugina.
D'altronde i parlamentari umbri lavorano in sintonia con l'attività del Consiglio Provinciale e di quella dei Prefetti e dei Comuni ed è così che si costruisce e si potenzia il sistema ferroviario, quello viario, scolastico, sanitario assitenziale e ogni deputato e senatore, come vedremo nel prossimo articolo, si caratterizza per una particolare iniziativa tesa a modernizzare lo sviluppo dell'Umbria.

 

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