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Il Pd dopo le primarie
Domenica 09 Dicembre 2012
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Dal voto espresso alle elezioni primarie in Umbria ,sia nel primo che nel secondo turno, non sono emerse quelle grandi novità che si è tentato da più parti di mettere in evidenza. Con ciò non si intende attenuare la consistenza di un pronunciamento politico ed elettorale e tantomeno sottovalutare il valore democratico della partecipazione espressa da milioni di cittadini elettori del centrosinistra.

Ma se l’analisi si allarga e non si rimane prigionieri della retorica della democrazia diretta si può ben vedere che anche queste ultime primarie, hanno confermato un orientamento elettorale già manifestatosi nelle precedenti elezioni primarie del 2009 e del 2010 e in quelle svoltesi nei Comuni per la scelta dei candidati sindaco.

Si è confermato cioè un orientamento sicuramente presente anche nelle altre regioni rosse,ma in Umbria è andato assumendo una sua più marcata consistenza. D’altronde già nel 2009 ,poi nel 2010 ed ancora di più oggi nel 2012,una percentuale crescente di cittadini elettori del centrosinistra oscillante intorno alla quota del 40% manifesta la sua critica e insofferenza verso quella classe dirigente che viene identificata più o meno correttamente con un sistema di potere considerato incapace di rinnovarsi e di rispondere adeguatamente ai tanti problemi dei cittadini. E’ questo un dato incontrovertibile che ha segnato dalla nascita la vita del Pd e del centrosinistra anche per l’assenza o la latitanza del centrodestra.

Questo fenomeno ha un suo specifico significato politico in quanto si è manifestato in tutte e tre le ultimi elezioni primarie dove hanno votato 76.000 cittadini nel 2009; 54.000 nel 2010;76.000 nel 2012, consultazioni in cui è verosimile sostenere che almeno il 70- ’80% degli elettori siano stati sempre gli stessi.

Nelle primarie del 2009 con una certa protervia correntizia gli iscritti del Pd vennero chiamati a scegliere il segretario nazionale del partito tra Bersani e Franceschini e quest’ultimo, pur sconfitto raccolse in Umbria il 41% dei consensi contro il 49% e proprio su questo risultato influì sicuramente il conflitto in atto per la scelta del nuovo presidente della Giunta Regionale.

Le primarie del 2010 convocate per decidere il candidato-presidente alla guida della Giunta regionale si svolsero nel contesto di una dura lotta per il potere e il risultato fu analogo con il 46% allo sconfitto e il 54% al vincitore.

 

Oggi nel 2012 addirittura al primo turno Bersani è sconfitto con il 42% e Renzi risulta vincitore con il44%,mentre al secondo prevale Bersani con il 52% e i partecipanti calano di 7.000 unità.

 

Negli anni si conferma quindi l’esistenza di un’area politico- elettorale interna al centrosinistra intorno al 40% che esprime l’antagonismo tra due schieramenti , l’uno guidato sostanzialmente dai grandi elettori ex Pci-Pds-Ds e l’altro dagli ex Dc-Ppi-Margherita con varie eccezioni personali o di gruppo a seconda delle competizioni. Ma questa e null’altro è la vera matrice politica del conflitto di potere all’interno del Pd che si riverbera e si esalta soprattutto nelle primarie ,uno strumento usato troppo spesso per far fronte alla incapacità dei gruppi dirigenti del partito di prendere le decisioni,di fare sintesi politica e programmatica e costruire il vero amalgama del nuovo Partito democratico.

Oltre a questo conflitto naturalmente non si può sottacere che in ogni elezione primaria c’è verosimilmente un 20-30% di cittadini elettori che non sono rappresentabili con questa lettura interna,ma la sostanza non cambia. Tanto più che anche nelle ultime primarie è verosimile pensare che la gran parte dei partecipanti sia stata espressione di quel ceto politico allargato( costituito da molti dipendenti pubblici) che un tempo era la base militante dei vecchi partiti di massa.

 

Già negli anni ottanta del Novecento in Umbria un area politico sociale simile all’attuale, interna e vicina al centrosinistra ,contestava la politica e la classe dirigente dell’allora Pci, partito di maggioranza relativa,ma quel progetto alternativo pur conquistando significativi spazi di potere ( fino ad essere definito il partito dei sindaci e dei presidenti)non portò a nessun cambiamento qualitativo e sostanziale nel governo locale.

 

Oggi è certo difficile anche la sola comparazione con quegli anni ,ma la lotta per il potere andrebbe condotta a testa alta e con progetti politici chiari improntati a serie politiche riformatrici senza investire sulla rendita di posizione dell’antipolitica . Al tempo stesso è necessario dire che la critica al quartier generale(soprattutto da parte di chi è da tempo nello stato maggiore con rilevanti spazi potere) si alimenta anche a causa del l’assenza o della latitanza di un vero confronto politico e di serie decisioni riformatrici

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Spesso la storia ci ha dimostrato che le lotte di potere portano sicuramente a degli avvicendamenti nell’evoluzione delle classi dirigenti,ma raramente questi avvicendamenti rispondono ad autentici bisogni di cambiamento se non a delle vere proprie regressioni sul piano della competenza e della trasparenza amministrativa. Naturalmente questa considerazione rischia di essere un alibi per tutti coloro ,e non sono pochi anche in Umbria ,che animati da un forte spirito di conservazione pensano che in fondo va tutto bene così,tanto il centrodestra non c’è. Ma fino a quando può durare questo conflitto di potere in assenza di chiare opzioni politiche e programmatiche tra “finti rinnovatori” e “ riformatori per necessità “di fronte all’aggravarsi quotidiano della crisi economica e sociale che colpisce pesantemente anche la nostra regione?

 

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