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Destra e Sinistra, una politica per l'Umbria cercasi

(pubblicato sulla rivista "Passaggi" n.1, II anno luglio 2020)
intervista ad Alberto Stramaccioni di Maria Gabriella Mecucci

 

Alberto Stramaccioni è stato uno dei massimi dirigenti umbri del Pds dei Ds e del Pd segretario regionale e deputato. Proviene dalla militanza nel Pci, il partito che ha lungamente governato l'Umbria raggiungendo percentuali di consenso vicine al 50 per cento. Ha da tempo lasciato la politica: “Sono dieci anni – ricorda – che non rilascio più interviste”, e ha poi cominciato a guardare la realtà regionale con gli occhi dello storico. Ha scritto libri che hanno ricostruito il passato della regione e delle sue classi dirigenti ,insegna Storia Contemporanea all’Università per stranieri di Perugia.. Ha insomma una notevole esperienza politica, ma anche il distacco dello studioso nei confronti di questa. La nostra conversazione parte dal presente, dalle vicende politiche che nell'ultimo anno hanno cambiato radicalmente il percorso storico dell'Umbria.

La nuova giunta regionale siede ormai a palazzo Donini da molti mesi ed ha attraversato un periodo carico di difficoltà e pericoli come quello della pandemia. E' possibile fare un primo bilancio dell'esperienza di governo del centrodestra?

“Il centrodestra aveva suscitato una grande aspettativa ponendosi come alternativa ad un  vecchio sistema di potere. In realtà ha messo in campo una classe dirigente espressione di due aree: quella  laico-socialista e quella cattolico-conservatrice. Basta guardare la composizione della giunta regionale per capire che non c'è nulla di nuovo sotto il sole. Si tratta di un riciclaggio del vecchio: basta pensare a  assessori come Morroni (ex collaboratore del socialista Gubbini), come Melasecche, da trent'anni sulla scena politica,  come la stessa Tesei,  proveniente da  posizioni politiche vicine alla Dc oltre alla ricorrente storica presenza di qualche aderente alle organizzazioni massoniche. Non è stata selezionata inoltre nessuna personalità di prestigio proveniente dal mondo delle professioni: tecnici, competenti di alto profilo. Operazione questa che in qualche misura il sindaco Romizi nella sua prima giunta aveva fatto. La Lega si è limitata ad importare dal Nord l'assessore  alla Sanità e il suo direttore generale. Salvini ha consegnato a loro il governo di un settore che durante la campagna elettorale è stato l'oggetto del suo attacco più duro, favorito in questo dall'iniziativa della Magistratura: per intenderci da quella che è stata definita sanitopoli”.

 

Forse per formare una nuova classe dirigente ci vuole tempo..
“A volere la legge del '92 fu il sottosegretario Spitella già rettore che intendeva parificare la Stranieri alle altre università. Sino ad allora infatti l'ateneo perugino portava il nome di università ma era stato in realtà un pur autorevole e qualificato Istituto di istruzione superiore ad ordinamento speciale. Forniva cioè un attestato di conoscenza della lingua e della cultura italiana e, solo dal '93, il ministero degli Esteri lo riconobbe come Centro ufficiale di certificazione della lingua. La parificazione era sicuramente giusta e apriva alla Stranieri un'ampia possibilità di crescita, ma la crisi è iniziata proprio perché non si è stati capaci di cogliere appieno questa opportunità. In diverse fasi , negli ultimi decenni , è mancata la volontà di applicare la riforma con sufficiente dinamismo e spirito di iniziativa” .

 

Guardi che la crisi era iniziata però da prima. A ben guardare i dati delle iscrizioni, dopo il boom della fine degli anni Settanta che portò nel 1980 a quota 12 mila, ci fu un rapido capitombolo e, nell'85 si arrivò a poco più di seimila. La Gallenga era già dimezzata...
“Sicuramente, ma la spiegazione che sono arrivati solo adesso, che occorre aspettare non è convincente. Sono trent'anni che governano in Umbria molti importanti Comuni: da Ciaurro a Terni – l'operazione meglio riuscita – a quasi tutte le città più importanti della regione dagli anni novanta (Assisi, Todi, Orvieto, Bastia, Spoleto, Perugia e via elencando). Forza Italia diversi anni fa mise in campo alcuni professionisti competenti: penso al sindaco di Bastia Ansidei, a Bartolini ad Assisi, ma il centrodestra della Tesei ha completamente marginalizzato la parte migliore dei dirigenti promossa da Berlusconi, le forze più qualificate  di quello schieramento. E poi mi lasci dire che personalità con esperienza politica regionale come Nevi, Modena, Zaffini, Laffranco, non sono stati chiamati a concorrere al governo della Regione. E oltre a questi potevano coinvolgere un personaggio di centro competente come Claudio Ricci che avrebbe dato un altro profilo al centro destra. Sono prevalsi invece i diktat di Salvini che come un feudatario sceso dal nord ha imposto la sua legge contro una tradizione politico-culturale del centro destra umbro.

 

La sanità umbra però, tutto sommato, ha retto bene all'impatto del Covid 19, o no?
“Il che dimostra che non era quello sfascio dipinto in campagna elettorale. A meno che non si voglia sostenere la stravagante tesi che l'assessore  Coletto in tre mesi ha cambiato tutto: si è messo insomma a fare i miracoli. Non è così, e per la verità anche i nuovi amministratori hanno  dovuto riconoscere di aver trovato una sanità in buone condizioni. Insomma in poche settimane hanno ribaltato il loro giudizio”.

 

Con tutto il rispetto per il buon funzionamento della sanità umbra durante il Covid, non vorrà nascondere dietro questo la pesante sconfitta che ha subito il centrosinistra?
No di certo. Quello dell'ottobre scorso è stato un vero e proprio crollo. Un grande crollo sulle cui cause poi tornerò, ma non posso non sottolineare che ormai sono 8 mesi che la Tesei governa, e sono passati soprattutto i primi cento giorni durante i quali la pandemia non era ancora scoppiata. In genere in quel periodo si tira fuori il meglio delle idee, delle proposte di governo. Ma sulle questioni fondamentali che riguardano l'Umbria del futuro, quella dei prossimi cinque-dieci anni, la nuova giunta non ha detto ancora niente. Sul rilancio dell'economia, sulla piccola e media industria, sulla Terni, sul turismo, sulla sanità anche alla luce dell'esperienza Covid, sui rifiuti, la giunta Tesei che cosa vuol fare? A queste domande sin qui si è risposto con un silenzio assordante. Un vuoto totale. Tanto da far sospettare che al grande crollo del centrosinistra sia seguito un grande bluff: quello del centrodestra”.

 

Non le sembra che occorra aspettare prima di dare un giudizio tanto duro?
“Forse bisognerà pazientare ancora un po'. Forse è troppo presto. Può darsi. Salvini però ha propagandato in tutte le piazze d'Italia la conquista di una delle tre storiche regioni rosse, era ed è legittimo supporre che, dopo tanta attesa e tanta enfasi, qualche idea in testa su come governarla ce l'avessero già.  Purtroppo oggi possiamo constatare che Salvini ha fatto dell’Umbria un’arena per lo scontro nazionale senza parlare dei problemi della regione. Dopo mesi di vuoto e di silenzio, è tempo che comincino a dire quali sono gli elementi di rottura col vecchio regime politico che vogliono introdurre? E poi ci sono questioni stringenti alle quali dare risposta. Che facciamo della sanità del dopo Covid? E' opinione diffusa che le zone che hanno retto meglio alla pandemia sono quelle che hanno un miglior servizio sul territorio. In Lombardia i medici di base sono stati lasciati soli, quelli umbri invece sono collegati attraverso una rete di servizi sul territorio con le sedi ospedaliere . Senza raggiungere però  il livello  di efficienza dei medici tedeschi che dispongono nel loro studio anche della possibilità di fare una serie di analisi di base, evitando così di intasare le strutture ospedaliere. In che direzione si vuol muovere la Tesei: quella di stampo lombardo, con una notevole presenza della sanità privata o quella territoriale tedesca? E sui rifiuti cosa si fa? Si costruiscono gli inceneritori, i depuratori? E per la piccola e media impresa si continua con la strategia portata avanti dalla Sviluppumbria in passato o si cambia, magari riorientando l'intervento verso settori più innovativi? E con le forze sociali si attua una politica che sostiene l’imprenditoria sana o si prospetta la vecchia politica assistenzialistica? E si intende riformare l’assetto istituzionale della Regione o si vuole invece proporre un nuovo municipalismo o territorialismo rivendicativo? E con le due Università quali nuove relazioni si intende costruire? E più nello specifico difronte all’aeroporto che rischia di chiudere, c'è qualche idea per salvarlo? E potrei fare tanti altri esempi di argomenti su cui è urgente che la maggioranza guidata dalla Tesei dia risposte”.

 

Sin qui lei ha criticato duramente il centrodestra. Ne ha fatto un quadro disarmante, ma a fronte di questo vuoto, non si sente nemmeno la voce del centrosinistra. Zero idee, zero progettualità. Perché?

Innanzitutto dovranno elaborare il lutto il più presto possibile ed elaborare una nuova politica per l’Umbria partendo dal dato inoppugnabile che la crisi della sinistra si è consumata parallelamente alla crisi dello stato sociale e quindi per ripartire occorre ridefinire le coordinate di una  cultura politica che nell’affrontare le diverse tematiche economiche ,sociali ,ambientali ,sanitarie stabilisce delle priorità e segna una discontinuità netta con il più recente passato a partire dalla composizione della stessa classe dirigente. Un tempo la sinistra esprimeva quadri che avevano una visione politica regionale e nazionale. Che venivano formati per avere queste caratteristiche. Oggi la classe dirigente è costituita in larga misura da amministratori con esperienze locali o settoriali. I partiti non producono più niente, o quasi. Oggi, la classe dirigente della sinistra in Umbria da chi è costituita? Ci sono alcuni sindaci, i sei consiglieri regionali: tutti hanno esperienze politiche importanti che li mettono in grado  di intervenire su singoli aspetti, talora significativi talora marginali, ma  occorrerebbe uno sforzo più grande per definire un progetto per il futuro dell'Umbria prospettando una nuova unità regionale in un contesto interregionale, nazionale ed europeo. Questa dovrebbe essere il respiro e l’ambizione del nuovo centrosinistra in Umbria fuori dalle logiche neo autarchiche o di chiusura del passato. E mai come ora, dopo la tragica esperienza del Covid 19, ci sarebbe bisogno di questo”.

 

E che cosa dovrebbero fare?
“Dovrebbero innanzitutto comprendere bene il significato del voto dell'ottobre 2019. Da che cosa è stato determinato quel grande crollo. Non si è infatti trattato di una semplice sconfitta, ma di una disfatta: il centrosinistra ha preso venti punti in meno della destra con il 70% dell’elettorato che si è recato al voto e questi dati non possono che evidenziare gli effetti di un lungo processo di logoramento della sua identità programmatica e di quella della sua classe dirigente”.

 

Provi lei dunque a fornire qualche elemento di analisi.
“Il voto popolare ha confermato con forza due convinzioni che si erano fatte largo nell'elettorato almeno nell’ultimo decennio. La prima è che la classe dirigente della sinistra fosse profondamente logorata, da un conflitto interno e da una incapacità a risolvere i problemi della regione. La seconda che la sua permanenza al potere era stata troppo lunga e che quindi fosse indispensabile cambiare. Naturalmente accanto a queste convinzioni ha avuto un ruolo importante la vicenda giudiziaria, come detonatore particolarmente dirompente, ma su questo tornerò dopo. Per rispondere alle domande dell'elettorato occorre avere una classe dirigente che sia portatrice di alcune idee forti sul futuro dell'Umbria. Senza questo l'opposizione diventa inconcludente, un po' come era quella che per tanti anni ha fatto il centrodestra. Il rischio è di accontentarsi e di cercare di sopravvivere, aspettando tempi migliori sottovalutando così il contributo che invece si può e si deve dare  pur dall’opposizione alla soluzione dei gravi problemi dell’Umbria, una regione che era economicamente molto arretrata e che dallo stato centrale ha avuto notevoli risorse e con queste ha costruito un suo modello di sviluppo che oggi però è entrato irrimediabilmente in crisi per ragioni interne e internazionali. Dare la sensazione che si fa una opposizione tutta polemica o politicista, o peggio ancora mediatizzata senza entrare nel merito dei problemi sarebbe dannosa per il centrosinistra e per l’Umbria. Al tempo stesso bisognerebbe saper contrastare la depoliticizzazione dell’azione amministrativa e di governo alla regione e nei Comuni, non solo perché questo processo ha affidato ai cosiddetti “tecnici” le scelte spettanti invece ai “politici” democraticamente eletti ma soprattutto perché le scelte nuove da compiere a tutti i livelli sono oramai politiche nel senso più elevato del termine ed aprono una vera sfida  tra destra e sinistra, tra sovranismo ed europeismo, tra autoritarismo e democrazia ,come dimostrano le diverse strategie nei vari paesi nell’affrontare la pandemia. Adesso però vorrei concentrare la mia attenzione su ciò che è accaduto negli ultimi dieci anni”.

 

Lo faccia.
“Credo che tutto nasca dalla fatto che il Pd  dopo la sua nascita non è mai diventato una forza politica unificata, capace di fare una sintesi vera fra le due componenti che lo avevano generato: i Ds e la Margherita composta in gran parte dagli ex Dc di sinistra. Questo è accaduto un po' in tutta Italia, ma in Umbria ci sono state delle specificità molto significative con forti scontri tra correnti che hanno logorato l’immagine e la credibilità del partito. Se si aderisce al Pd i dirigenti già Ds devono collaborare con i dirigenti giaà Ppi e Margherita come peraltro facemmo già dal 1995 in Umbria. Nel 2009 per sostituire la Lorenzetti si è impiegato un anno, un tempo molto lungo  che ha prodotto un forte logoramento, al quale si è poi aggiunta la vera e propria spaccatura che hanno comportato le primarie. Come si ricorderà la Marini  nel 2010 prese il 55 e Bocci il 45 per cento. Quella divisione non è stata mai sanata. Voglio ripeterlo quanto ho già detto in altre sedi: non bisognava fare le primarie perché come purtroppo è oramai dimostrato diventano dei conflitti profondi irrecuperabili e non a caso quasi il 50% di coloro che vincono le primarie soprattutto nei comuni poi perdono le elazioni vere. Allora si volle delegittimare la capacità decisionale autonoma del partito e il risultato è stato che  sino alla crisi del 2018-2019 i due protagonisti della contesa non hanno collaborato. Anzi si è assistito ad un persistente conflitto interno alimentato dai diversi sostenitori correntizi che è culminato nelle incomprensibili crisi di giunta tra il 2016 e il 2017.  Solo nel 2018 ,dopo la sconfitta alle elezioni politiche si sono resi conto dell'errore e dei danni che provocava questo atteggiamento e sono riusciti a fare un accordo sul nome di Bocci come segretario regionale, ma forse era troppo tardi. Quell'intesa, invece di ricucire le fratture passate, ha  ingenerato una diffidenza profonda ed uno scontro ulteriore all'interno del partito: una parte di questo a quel punto si è schierata contro la componente cattolico-progressista e ha iniziato a contrapporsi anche alla azione di governo della Marini”.

 

Una maionese impazzita...
“Sì. E a questo punto della vicenda si è inserita l'iniziativa della Magistratura che ha fatto emergere il malcostume nell’azione di governo delegittimando una intera classe di governo anche oltre le sue dirette responsabilità politiche. Tutto ciò ha contribuito a buttare al macero l’intero mezzo secolo dell’esperienza di governo della sinistra in Umbria senza che nessun dirigente del Pd reagisse in qualche modo. Mi faccia fare una battuta:  fortunatamente un giorno “il tribunale della storia”  renderà giustizia ad una esperienza di governo che pur tra luci ed ombre a contribuito a modernizzare decisamente l’Umbria. Ma torniamo alle vicende giudiziarie. Non voglio mettere in discussione la necessità di accertare l'esistenza o no di reati penali, su questi – come è noto – le responsabilità sono individuali e alla fine decideranno i giudici. Ma la sinistra aveva il diritto dovere di dare una risposta politica alle indagini della magistratura rivendicando la sua autonomia decisionale”.

 

Vuole quindi criticare l’azione della Magistratura?
“Voglio solo porre una domanda sui rapporti tra magistratura e politica proprio oggi che si parla tanto del caso Palamara, la cui inchiesta è stata svolta dalla Procura di Perugia nello stesso periodo su cui si indagava sulla cosiddetta “sanitopoli umbra”. E la domanda è questa: siamo tutti così sicuri che nel contesto delle lotte interne alla magistratura non ci sia stato qualche riverbero, interferenza, pressione che ha finito per incidere nelle vicende umbre? Ma poi ancora per rimanere sulla questione della reciproca autonomia tra magistratura e politica, è possibile che si accettino le dimissioni di un Presidente di Regione, eletto peraltro direttamente, senza nessuna consultazione e decisione negli organismi dirigenti del partito e della coalizione, prima che negli organi istituzionali? Posso capire che a qualcuno tutto questo faceva piacere, ma poi alla fine chi di spada ferisce di spada perisce”.

 

Guardi che quelle dimissioni le ha volute Zingaretti. Non ricorda il suo intervento alla sala dei Notari?
“Insisto: possibile che nessun organismo di partito abbia potuto discutere delle dimissioni della Marini? Questo è quantomeno irrituale per non dire di totale subalternità del Pd nazionale e locale ai diktat dei 5stelle. Ad un certo punto è montato un clima  politico  irrespirabile, a creare il quale ha contribuito non poco anche il comportamento forsennato di certa stampa nazionale e locale dove si è distinta una testata legata alla sanità privata. Poi c'è stato il dramma della scelta del candidato presidente del centrosinistra: in poche settimane ne hanno cambiati cinque. Fra marzo e ottobre del 2019 si è consumata così una drammatica vicenda politica che ha portato al grande crollo della sinistra in Umbria. Questo quanto accaduto nei sei mesi finali. La fase terminale della crisi era stata innescata  però dalla sconfitta alle politiche del 2018 e dalla successiva incomprensione da parte del segretario regionale del Pd  Giacomo Leonelli che non esisteva ,perché non era stata creata, una classe dirigente elettoralmente e politicamente alternativa a quella rappresentata da Marini e Bocci. Tant’è che la candidatura alternativa a segretario regionale contro Bocci nel dicembre 2018 è stata quella di Verini con i risultati noti. E a questo proposito ci terrei a sapere chi è stato quel genio della politica che ha nominato Commissario regionale del Pd proprio colui che era stato pesantemente sconfitto nelle elezioni a segretario poche settimane prima. Quanto detto sin qui rappresenta la specificità della crisi umbra, protrattasi almeno per un decennio periodo nel quale il Pd nazionale ha attraversato anch’esso un lungo conflitto interno, così come il sistema politico italiano e tutto ciò inevitabilmente ha prodotto le sue conseguenze anche nella regione”.

 

La sinistra in Umbria ci metterà dunque  molto per risollevarsi.. e, secondo lei, la destra non esprime nuove idee e una nuova classe dirigente: che cosa ci aspetta?
“Per il centrosinistra si è trattato di un grande crollo, dopo il quale si è aperta una lunga traversata, per il centrodestra siamo di fronte ad un probabile bluff per una possibile gestione di tipo tecnico-amministrativo del governo regionale, ma con una grande rendita di posizione per aver ,dopo decenni sostituito la sinistra. L’opposizione quindi non si illuda , non sarà facile costruire un alternativa politica nel breve periodo .Più in generale il declino della politica e del ruolo dei partiti potrebbe dar vita in Umbria una nuova esperienza di governo segnata dal potere dei tecnici, e della burocrazia e dalla sua apparente neutralità. Ma come la piccola e la grande storia ci insegna dietro ogni scelta che si vuole presentare come tecnica si contrastano o si difendono determinati interessi economici, sociali e politici, ma ad affermarsi in questo momento è un'altra narrazione come si usa dire. Comunque fortunatamente non è per tutti necessario adeguarsi allo spirito, per ora prevalente,  del tempo”.

 

Lei fece insieme a Ernesto Galli della Loggia un libro-intervista dal  titolo “Rossi per sempre”; oggi direbbe “tecnocrazia per sempre”?
“Per la verità quel titolo piaceva molto ad Ernesto. Io volevo farne uno più cauto: “Rossi per ora, non per sempre”. Occorre dire che quello voluto da Galli della Loggia era più efficace e fece notizia. Del resto l'Umbria restò rossa per altri venti anni. Allora come ora penso che nulla è per sempre”.

 

 

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