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Alberto Stramaccioni
Storia delle classi dirigenti in Italia PDF Stampa E-mail

Storia delle classi dirigenti in ItaliaStoria delle classi dirigenti in Italia
L’Umbria dal 1861 al 1992

Edimond – Studi storici, 2012


La storia delle classi dirigenti è espressione di un complesso filone storiografico che richiede l’uso di varie fonti e metodologie e l’integrazione tra diverse discipline storiche e sociali per ricostruire l’attività di un insieme di soggetti individuali e collettivi con responsabilità e poteri nel campo politico, amministrativo, imprenditoriale, bancario, delle professioni, della informazione, della scuola e religioso.
In quest’ottica la pubblicazione evidenzia come in Italia la particolare configurazione del sistema economico-sociale e il processo di formazione dello Stato nazionale abbiano conferito soprattutto al ceto politico espresso dalla borghesia industriale del Nord e da quella agraria del Sud una rilevante funzione dirigente almeno fino alla prima guerra mondiale ed anche nel corso del ventennio fascista, pur nel contesto di uno Stato totalitario. Dopo la seconda guerra mondiale l’affermarsi del sistema democratico e la piena integrazione nel mondo occidentale consentono alla “repubblica dei partiti” di avviare un progressivo ricambio delle classi dirigenti che viene ad allargarsi a nuovi e diversi soggetti politici e sociali frutto della crescita economica e del consolidarsi della società di massa.
In questo quadro il libro esprime la consapevolezza che la storia nazionale è anche storia delle particolarità regionali e locali e quindi propone la ricostruzione della vita delle classi dirigenti nel rapporto tra centro e periferia, tra città e Stato, analizzando l’esperienza di un territorio come quello umbro. Una realtà che sembra prefigurare un modello regionale segnato, soprattutto nel primo cinquantennio, da una organizzazione del potere di tipo prevalentemente oligarchico e poi dal secondo dopoguerra da una nuova classe dirigente a due facce espressione di una diarchia politica, nazionale e locale, caratterizzata da una specie di ideologia regionalistica di tipo neoautarchico, fino alla sua delegittimazione agli inizi degli anni Novanta del Novecento.
La ricostruzione e l’interpretazione storica presente nel volume è sostenuta da un consistente apparato bibliografico, molte note integrative al testo e diversi dati statistici ed elettorali insieme ad oltre trecento schede biografiche che contribuiscono a definire l’identità e l’azione dell’insieme delle classi dirigenti che hanno operato in Umbria.


 
L’Italia e i crimini di guerra 1940-1945 PDF Stampa E-mail

L'Italia e i crimini di guerra

L’Italia e i crimini di guerra 1940-1945
L’occultamento delle stragi nazifasciste e delle rappresaglie in Jugoslavia.
Storie di guerra, resistenza, guerra civile e guerra ai civili in Umbria

Crace, 2012

 

Il volume si inserisce nell'ampia storiografia sui crimini di guerra compiuti nel corso del secondo conflitto mondiale. Il libro evidenzia come il rapporto tra l'Italia e i crimini di guerra sia una questione complessa trattandosi di un paese prima alleato dei vinti e poi dei vincitori: l'esercito italiano , tra il 1940 e il 1943, è infatti considerato responsabile, insieme ai tedeschi, dei numerosi eccidi di civili in Russia, Grecia e soprattutto nei Balcani; ma poi, tra il 1943 e il 1945, quando è cobelligerante con gli angloamericani, lo stesso paese subisce stragi efferate di civili ad opera dei nazifascisti, ma anche degli italiani fascisti impegnati in una sanguinosa guerra civile. Un paese quindi che è considerato autore e vittima dei crimini di guerra al punto da impedirgli di riconoscere le responsabilità dei soldati italiani nei Balcani così come di perseguire i nazifascisti colpevoli delle stragi in Italia. Il volume ricostruisce la storia del lungo occultamento dal 1945 ad oggi attuato dalla magistratura militare e dal potere politico soprattutto negli anni della Guerra Fredda al fine di realizzare una certa idea della pacificazione nazionale.


 
La rivoluzione francese e le Repubbliche d’Italia 1789-1799 PDF Stampa E-mail

La rivoluzione francese e le Repubbliche d’Italia 1789-1799. Lo Stato della Chiesa, Perugia e i giacobini 1798-1799

Il volume cerca di rispondere alla domanda che spesso la storiografia italiana si è posta su quale sia stata l'influenza della Rivoluzione Francese sulla storia dell'Italia moderna a partire dalle esperienze delle Repubbliche giacobine tra il 1796 e il 1799. La risposta a cui si è pervenuti considera la presenza francese nella Penisola come una vera e propria occupazione militare che ha però consentito l’affermarsi di una nuova classe dirigente democratica e repubblicana formatasi sull'onda del movimento illuminista. In più l'azione di questa prima classe dirigente nazionale, pur sconfitta e divisa tra radicali e moderati, è risultata essere all'origine del movimento risorgimentale per l'unità e l'indipendenza della nazione italiana. La pubblicazione è articolata in due parti, seguite da una consistente appendice documentaria. Nella prima parte si provvede ad una ricostruzione storico interpretativa della Rivoluzione Francese con particolare riferimento all'emergere del modello politico giacobino attraverso l'esperienza delle Repubbliche d'Italia impegnate sui temi costituzionali, delle riforme economiche, sociali e dell'istruzione, e nella diffusione di un nuovo linguaggio e spirito pubblico. Nella seconda parte si ricostruisce l'esperienza della Repubblica Romana e delle classi dirigenti giacobine nel Dipartimento del Trasimeno, e in particolare nella città di Perugia, anche attraverso nuove fonti documentarie. Nell'appendice è riportata una cronologia degli eventi; le schede biografiche dei giacobini francesi, italiani, romani e perugini; le trascrizioni dei documenti e delle Costituzioni francesi e della Repubblica Romana; una selezione dei bandi emanati tra il 1798 e il 1799 a Roma e a Perugia.

La Rivoluzione francese e le repubbliche d'Italia
Lo Stato della Chiesa.
Perugia e i giacobini 1789-1799


Crace - Studi storici, 2011

 
Gian Lupo Osti, un manager per l'Umbria PDF Stampa E-mail

"Il Messaggero" - Umbria - 17 ottobre 2012

Quando si ricordano i maggiori esponenti della classe dirigente dell’Umbria spesso prevale una certa “autarchia regionalistica” e quindi si dimenticano coloro che umbri non sono,almeno per nascita ,ma che in tempi e modi diversi hanno sicuramente inciso sullo sviluppo economico e sociale della regione. Tra  questi ci sono in particolare i nomi di tanti tecnici,manager e imprenditori che hanno creato o guidato le aziende pubbliche soprattutto nella realtà industriale ternana.

Senza riandare a personaggi un po’ più lontani nel tempo come Vincenzo Stefano Breda, Luigi Campo Fregoso,Benedetto Brin,Antonio Bosco ci si può limitare al secondo dopoguerra quando sul complesso industriale delle Acciaierie incisero le politiche dell’Iri, della Finsider o dell’Enel enti di stato guidati da personaggi  quali Arturo Bocciardo, Oscar Sinigaglia, Giuseppe Petrilli, Pietro Sette, Ernesto Manuelli,Alberto Capanna, Aldo Maria Angelini  ed altri come Gian Lupo Osti che proprio nei giorni scorsi è scomparso all’età di 92 anni.

Osti è stato una figura singolare nel panorama nazionale dei manager di stato per i suoi molti interessi ,oltre quelli strettamente professionali.

Combattente nella seconda guerra mondiale ed internato in un lager  tedesco  inizia la sua attività di manager con Oscar Sinigaglia, l’autore del piano Finsider per l’acciaio che portò tra l’altro ad una dolorosa ristrutturazione per l’acciaieria ternana a partire dal 1953. Lavorò poi alla Dalmine ,alla Cornigliano e all’Italsider e divenne espressione dell’area intellettuale socialista legata in particolare a Riccardo Lombardi e Giovanni Giolitti che fornì alcuni esponenti  di quella” razza padrona”(in gran parte Dc) che contribuì comunque all’industrializzazione del paese.

Dal 1965 al 1975 ricoprì la carica di amministratore delegato della società Terni ( con Terenzio Malvetani Presidente) in un momento in cui la Acciaierie tentano di entrare nel mercato delle forniture di impianti per il settore elettronucleare ,allora considerato strategico. D’altronde in quegli anni la Terni si componeva di soli tre comparti:fucinatura,fonderia e meccanica;acciaieria e laminazione;carpenteria e condotte forzate e ciò rischiava di marginalizzare il suo ruolo nel  campo della siderurgia nazionale ed internazionale. Il nuovo obiettivo  strategico delle forniture elettronucleari però  per essere realizzato aveva bisogno di una certa autonomia del polo ternano  dal controllo della Finsider e rientrare nella politica più generale delle partecipazioni statali. Ciò non avvenne e pur tuttavia Osti  durante la sua decennale gestione fece significativi investimenti sui treni di laminazione con un progressivo aumento dell’occupazione.

Ma il conflitto con la dirigenza democristiana dell’Iri e della Finsider portò ad una certa penalizzazione dell’industria ternana e la costrinse a finanziare quasi tutti gli investimenti ricorrendo all’indebitamento a breve i cui enormi oneri condizioneranno pesantemente gli equilibri di bilancio degli anni successivi. Le difficoltà finanziarie e la crisi internazionale della siderurgia  porteranno al grande ridimensionamento delle Acciaierie ternane nei primi anni Ottanta.

Gian Lupo Osti lasciò la Terni nel 1976 ma nel periodo in cui diresse le Acciaierie non rimase chiuso all’interno della fabbrica e manifestò anche il suo interesse per il territorio umbro finanziando i “manuali del territorio” un  censimento dei beni culturali delle valli e delle città ternane  diretto da Bruno Toscano.

Ma l’originalità del personaggio accanto all’esperienza manageriale e culturale è data dalla sua speciale competenza e passione per la botanica e in particolare per i fiori, le peonie,le camelie e le orchidee .Si reca  in Cina alla ricerca di una particolare peonia bianca e nera  che entrerà poi in un catalogo ufficiale giapponese,mentre per le sue competenze botaniche riceve un ambito riconoscimento dalla Royal  Horticoltural Society.

Il legame con l’Umbria rimane negli anni e nel 1986 con il suo amico Vittorio Emiliani direttore del Messaggero a bordo di un gommone ridiscende il Tevere partendo dal Monte Fumaiolo e sul giornale descrive  ai lettori la particolare vegetazione che caratterizza le rive di un  fiume ricco di storia.

 
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Giovedì 08 Settembre 2011

Parla Stramaccioni

«Pd, dal caso Penati alle indagini umbre attenzione al partito nel partito»


PERUGIA - Ha fatto della questione morale un cavallo di battaglia. Ora, insieme alle inchieste umbre, arrivano qui anche sinistri echi del caso Penati a scuotere il Pd umbro. Parla Alberto Stramaccioni, ex deputato, ma soprattutto segretario regionale del Pds-Ds dal '92 al 2001 e poi responsabile provinciale del Pd dal 2008 al 2010, per tutti, amici e avversari, il segretario del rinnovamento.

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